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BlueBay: ecco perché è importante considerare i rating ESG delle economie a basso reddito

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A cura di Jana Velebova, Senior Portfolio Manager, Emerging Markets, BlueBay

Il FTSE Russell ha messo in evidenza una sfida importante nella valutazione dei rischi e delle opportunità ESG dei titoli sovrani, il cosiddetto “Ingrained Income Bias” (IIB), introdotto per la prima volta dalla Banca Mondiale nel paper “A New Dawn – Rethinking Sovereign ESG”.

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Il documento sottolinea che è utile considerare i rating ESG nel contesto del livello di reddito e della forza economica di un Paese, al fine di correggere i pregiudizi nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Sono proprio questi Paesi – che nel mondo degli investimenti sono definiti come Mercati Emergenti – che probabilmente hanno bisogno della maggior parte (oltre il 60% secondo l’UNCTAD) dei 5-7.000 miliardi di dollari all’anno di investimenti necessari per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite entro il 2030.

Per avere un quadro completo, questa analisi deve essere contestualizzata con la probabile traiettoria ESG futura degli emittenti sovrani, sulla quale i dati ex-post possono fare solo una luce limitata. È qui che devono intervenire l’engagement con gli emittenti sovrani e l’analisi granulare e lungimirante dei dati sottostanti.

Riteniamo che chi investe nel debito sovrano stia già considerando, in larga misura, questi aggiustamenti del reddito quando valuta i rischi di credito sovrano, forse con l’eccezione dei rischi ambientali/climatici, che devono ancora essere prezzati.

L’accurata determinazione del prezzo e l’analisi dei rischi ambientali sono ulteriormente complicate dalla mancanza di consenso sulla loro misurazione. Tuttavia, a un livello superiore, la nostra analisi ha dimostrato che, una volta escluse tutte le differenze economiche, lo spread dei migliori performer ESG è inferiore di circa il 70% rispetto a quello dei peggiori.

Ulteriori elementi di complessità per gli emittenti sovrani sono, per citarne solo alcuni, i seguenti:

  • Come si può compensare una solida performance all’interno di una categoria (ad esempio, le politiche ambientali) con una scarsa performance in un’altra (ad esempio, i diritti umani) – la performance in E, S e G è davvero additiva?
  • Qual è il modo migliore per misurare la performance di un Paese nella dimensione ambientale?
  • Quali valutazioni dei provider di dati ESG sovrani rappresentano accuratamente la realtà, date le correlazioni notoriamente basse tra i diversi provider?
  • I rischi e le opportunità ESG sono considerati allo stesso modo quando si investe in T-bill sovrani a breve scadenza o in obbligazioni a 100 anni?

Le sfide che caratterizzano l’analisi ESG del debito sovrano fanno sì che essa rimanga più un’arte che una scienza. Per renderle giustizia, tale analisi deve essere multidimensionale e i dati quantitativi devono essere affiancati da un’analisi qualitativa lungimirante. A ciò dovrebbe aggiungersi una assidua attività di engagement nella valutazione del percorso futuro degli emittenti sovrani. A nostro avviso, affidarsi a dati quantitativi retrospettivi va a scapito sia degli emittenti che degli investitori.

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