Gli ultimi dati pubblicati questa settimana dal Bureau of Economic Analysis indicano che l’economia statunitense ha registrato un tasso di crescita annua del 4,9% nel terzo trimestre: un aumento notevole rispetto al 2,1% del trimestre precedente, che sembra smentire le numerose previsioni pessimistiche sul PIL.
Il rialzo è stato trainato dalla domanda dei consumatori che, tuttavia, non è stata sufficiente a rincuorare del tutto gli investitori, i quali sono inclini a interpretare il momento attuale come un ultimo “sospiro di sollievo” prima della crisi del prossimo trimestre.
Eppure, i dati storici mostrano un trend opposto: dal 1980, il PIL ha registrato tassi di crescita oltre il 4,9% per trentadue volte, per poi attestarsi mediamente al 3,3% nei trimestri successivi, mentre soltanto in tre trimestri si è registrata una crescita negativa, due dei quali nel 1981, quando la recessione era già in corso e il tasso di disoccupazione era superiore al 7%.
È il caso di pronosticare una crescita folle seguita da una caduta rovinosa? Con il tasso di disoccupazione vicino ai livelli di un anno fa e l’indice dei responsabili degli acquisti del settore manifatturiero (PMI) e dei servizi in crescita a ottobre, non ci sembra probabile.