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Maurizio Zottarelli – Intervista all’autore de “L’ultima carta”

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“L’ultima carta” di Maurizio Zottarelli è un avvincente viaggio nella Milano degli anni ’80 e ’90, raccontando la vita di Sergio Corselli, un ventisettenne appassionato di carte. Il romanzo esplora la periferia milanese, mescolando dialetti dello slang con un registro più alto. Attraverso il poker e l’amicizia virile, Zottarelli dipinge un ritratto vivido della città, offrendo una metafora della vita come una partita a poker, con il rischio di perdere tutto e la speranza di recuperare all’ultima carta. Un racconto coinvolgente e ben scritto.

Grazie Maurizio, grazie per aver accettato di rispondere ad alcune domande per i nostri lettori. Come è nato il tuo amore per i libri? Cosa ti ha spinto a diventare uno scrittore?

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Il mio amore per i libri nasce nel modo più ovvio e comune, credo: leggendo. Ho sempre letto moltissimo, fin da bambino. E questo ha fatto crescere in me la voglia anche di raccontare. In realtà io ho iniziato a scrivere per il teatro e da lì è nata l’occasione di pubblicare il primo libro, L’undicesimo dito. Il resto, in qualche modo, è seguito

Parliamo del tuo nuovo romanzo dal titolo “L’ultima carta”. Come è nata l’idea di scriverlo? Qual è stato il punto di partenza nel processo di scrittura?

L’idea nasce, come spesso accade, dalla mia storia personale e dal mondo in cui sono nato e cresciuto, ovvero quella Milano che ho cercato di descrivere nel romanzo. Il punto di partenza è stato il desiderio di raccontare quella realtà così ricca di storie e di umanità con tutto ciò che di bello e di spietato questo comporta. E ho pensato di raccontarlo a cominciare dalla lingua dei suoi personaggi, quella particolare pastiche di dialetti, slang e, in qualche caso, per chi riusciva a studiare, anche di linguaggio alto. Una Milano dai mille volti e contraddizioni in cui convivevano mille Italie, ma che sapeva accogliere e valorizzare tutti.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “L’ultima carta”, quali useresti?

Sicuramente è un romanzo divertente, nel senso che a tratti fa anche ridere. Ma è anche un testo “riflessivo”, nel senso che si interroga sulla vita, sul valore dei rapporti, sul ruolo che ognuno si sceglie nella vita, sull’amicizia, tema chiave del romanzo. Infine direi che è un testo “raffinato” perché credo che faccia della lingua e della scrittura un suo elemento cardine e di questo sono orgoglioso.

Se dovessi consigliare una colonna sonora come sottofondo durante la lettura de “L’ultima carta”, cosa sceglieresti?

Nel testo sono citati dei brani che rappresentano un po’ lo spirito di quel mondo, come “Born to be wild” degli Steppenwolf, ma anche cantautori italiani che rappresentavano la colonna sonora di quegli anni. Però, forse, per leggere questo libro sceglierei Soleado di Fausto Papetti che spesso, al sabato pomeriggio o d’estate, pioveva da tutte le finestre aperte sulle strade di periferia.

Stai già lavorando a un nuovo romanzo?

Sì, c’è sempre un romanzo a cui lavoro. Credo che il prossimo sarà ambientato nel mondo del giornalismo per raccontare la realtà sempre così sfuggente, soprattutto quando si vorrebbe rinchiuderla in schemi definiti. Vorrei raccontare la vita come luogo dell’imprevisto.

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