Paolo Sorrentino con la sua “Grande Bellezza” ha trionfato nella notte degli Oscar. Decisamente un buon segno per l’industria cinematografica italiana anch’essa alle prese ormai da anni con la crisi economica. Del resto, ben il 66,6% degli italiani, nel quadro di una riduzione generale delle proprie spese per il tempo libero, ha preso l’abitudine di guardare un film in dvd o in streaming invece di andare al cinema (dati Eurispes 2014). Meno della metà della popolazione dai 6 anni in su (49,8%) afferma di essere andata al cinema, anche solo una volta, nel corso del 2012 (dati Istat). La quota fa registrare un evidente calo rispetto al biennio precedente (nel 2011 era il 53,7%), ad indicare che anche un settore tradizionalmente anticiclico, come il cinema, e dal costo relativamente contenuto rispetto ad altri svaghi, ha iniziato a soffrire all’accentuarsi della crisi economica. Del resto dal 2011 al 2012 anche altri consumi culturali hanno fatto registrare un’importante flessione: le mostre (-19%), il teatro (-7%), gli spettacoli sportivi (-3%) (fonte Siae).
L’Eurispe ha quindi effettuato un’analisi sulla base dei dati resi disponibili da Mibac-DGCinem a/Anica. Nel 2013 sono stati distribuiti in Italia 453 nuovi film (in aumento rispetto ai 364 del 2012), di cui 161 quelli a capitale interamente italiano o coprodotti (erano 127 nel 2012). Esaminando la nazionalità dei film di nuova uscita si riscontra il primato degli Usa, con 148 nuove pellicole, seguiti da vicino dai film italiani (145, in aumento rispetto ai 112 del 2012). Terza la Francia (46), quarta l’Inghilterra (30). Le caratteristiche dell’industria cinematografica italiana, composta da pochissime major (sostanzialmente solo Medusa e Rai Cinema) e numerose case produttrici di piccole dimensioni, determinano un volume importante di film low budget. Tra i film prodotti nel 2012 con capitale interamente italiano ben 36 hanno avuto un costo inferiore ai 200.000 euro e 25 un costo compreso tra 200.001 e 800.000 euro. Solo 24 pellicole sono costate più di 3,5 milioni di euro, cifra comunque relativamente contenuta. Quello italiano si conferma un cinema fatto di piccole e piccolissime produzioni, con alcune produzioni medie e pochissime grandi produzioni che rappresentano una vera eccezione. Se per una piccola casa produttrice anche il fallimento di un prodotto di medio budget può essere un colpo da cui risulta difficile rialzarsi, non mancano i casi di piccoli film che a fronte di costi decisamente bassi garantiscono, spesso inaspettatamente, guadagni soddisfacenti. Nel 2013 le prime 3 case di distribuzione (Warner Bros Italia, Universal e Medusa) hanno raccolto quasi la metà degli incassi totali della stagione.
Nel 2013 si contano nel nostro Paese 1.063 cinema, per un totale di 3.256 schermi. Il mercato cinematografico nazionale, caratterizzato da tempo da scarsa salute, a dispetto di sporadiche ed isolate buone stagioni, fa registrare nel 2013 risultati non entusiasmanti, ma pur sempre più positivi rispetto al 2012. Sia gli incassi sia le presenze in sala fanno segnare una crescita rispetto all’anno precedente: rispettivamente 618.353.030 euro (+1,4% rispetto ai 609.531.588 del 2012) e 97.380.572 presenze (+6,5% rispetto ai 91.388.569 del 2012). L’andamento, pur altalenante, degli ultimi anni testimonia in ogni caso una generale disaffezione degli italiani nei confronti del cinema, almeno per quanto riguarda la fruizione in sala. Relativamente ai soli film italiani gli incassi hanno raggiunto 182.622.229 euro e le presenze sono state 29.243.720. La quota di mercato del cinema italiano ha raggiunto il 29,5%, in aumento rispetto al disastroso 23,9% del 2012. Anche per le presenze si registra una crescita: dal 25,2% al 30%. Il primato rimane come sempre ai film statunitensi, col 53,7% degli incassi.
Si dovrebbe parlare di rinascita dopo un anno, il 2012, di vero e proprio tracollo, se non fosse per il fatto che molto spesso l’andamento dell’intera stagione cinematografica nazionale è determinato o fortemente influenzato dal risultato di una o due pellicole di particolare richiamo. Il 2010 ed il 2011 sono state “buone annate” non solo per una maggiore propensione degli italiani ad andare al cinema, non solo per maggiori disponibilità a spendere in questo tipo di svago, ma soprattutto per il clamoroso successo di singoli film: Che bella giornata di Zalone, Benvenuti al Sud, ma anche Qualunquemente di Albanese e Immaturi. Nel 2012 non ci sono stati exploit paragonabili a quelli dei due anni precedenti, mentre nel 2013 sono tornati in sala Zalone e Siani. Le difficoltà incontrate in numerose stagioni dal cinema nazionale sono anche effetto della sempre maggiore marginalità delle monosale cittadine rispetto alle multisale. È infatti soprattutto nelle sale tradizionali, frequentate da un pubblico più maturo rispetto a quello dei multiplex, che trovano spazio le pellicole italiane. Le monosale continuano però a perdere pubblico e a chiudere, con un ulteriore indebolimento del mercato italiano e una progressiva omologazione dell’offerta.
La serie storica relativa all’andamento del mercato nazionale nell’ultimo decennio mostra l’alternanza tra annate relativamente positive ed annate fallimentari, specchio di un’industria mai realmente solida e strutturata, in balìa dei successi o degli insuccessi di singole pellicole, che non costituiscono mai vera garanzia della buona salute dell’intero comparto cinematografico. La quota di mercato nazionale ha subìto negli anni importanti oscillazioni, passando da un quarto (quando non addirittura un quinto) dell’intero mercato a circa un terzo. Gli ultimi 10 anni vedono lo stabile primato del cinema Usa negli incassi, con quote sempre superiori al 50% (unica eccezione il 2011), e non di rado al 60%, grazie a megaproduzioni spettacolari ad alto budget, kolossal superoistici, fantasy e d’animazione in grado di attirare il grande pubblico dei giovani e delle famiglie con bambini.
I risultati del cinema europeo in Italia sono più legati al riscontro di singole pellicole, prevalentemente inglesi e francesi. Nell’ultimo decennio il 2011 si segnala come annata straordinaria, facendo toccare alle pellicole italiane il 35,6% del mercato in virtù di alcuni exploit delle commedie nostrane; la quota di mercato più bassa risale al 2004 (20,3%). La classifica relativa ai maggiori incassi in Italia nel 2013 mostra come gli spettatori italiani continuino a prediligere le commedie, i film spettacolari, l’animazione. Al primo posto si conferma il più clamoroso fenomeno cinematografico nostrano degli ultimi anni: Checco Zalone con Sole a catinelle (51.839.357 euro di incasso), che distanzia di decine di milioni di euro tutte le altre pellicole presenti in classifica. Seguono nella top ten altre commedie (sia made in Italy, Il principe abusivo, sia made in Usa, Una notte da leoni 3), supereroi (Iron man 3), film d’animazione (Cattivissimo me 2, Frozen, I Croods). Sul fronte nazionale vincono le commedie che riescono ad incontrare il favore del pubblico, spesso grazie a volti noti di origine televisiva; su quello estero si affermano le produzioni ad alto budget e alto tasso di azione e spettacolarità, accompagnate da intenso battage pubblicitario. Alcuni cartoni animati, molte saghe, ma anche alcune commedie sono ormai marchi solidi che rinnovano il successo nei loro sequel. Il quadro non sembra dunque innovativo, né per la scelta dei generi, né per il tipo di storie raccontate. Tra le poche eccezioni nel 2013 si annovera l’affermazione, persino inattesa, di due film d’autore ed insoliti come La migliore offerta di Tornatore (9.301.607 euro di incasso e 1.520.043 presenze) e La grande bellezza di Sorrentino (6.770.361 euro e 1.108.859 presenze).
Facendo riferimento specifico al cinema d’essai, anche alla luce delle considerazioni precedenti, non sorprende osservare come i dati recenti siano tutt’altro che incoraggianti. Il 2013 fa registrare un calo di pubblico rispetto al 2012, in linea con le generali difficoltà del mercato cinematografico italiano. Nel 2012, 793 sale italiane hanno ricevuto contributi statali previsti per chi proietta film di qualità (ne ha diritto chi ha in cartellone film d’essai italiani ed europei, rispettivamente, per almeno il 70% e il 35% della programmazione, per almeno due anni). Il sostegno appare però ancora insufficiente, soprattutto se si considera che mentre le multisale riescono a sopportare meglio il generale calo dell’affluenza, per le piccole sale d’essai il calo di spettatori può essere fatale. Le piccole sale, inoltre, nella maggior parte dei casi si trovano in grande difficoltà nell’affrontare l’ormai inevitabile riconversione al digitale, non disponendo delle risorse necessarie a dotarsi delle strumentazioni necessarie. Considerando che nell’ultimo decennio in Italia hanno chiuso ben 800 sale, il 20% delle quali d’essai, gli effetti dell’acuirsi della crisi ed i costi legati alla digitalizzazione potrebbero risultare drammatici, più per le piccole sale, baluardo della qualità e della varietà dell’offerta, che per i multiplex.
EURISPES
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