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Come ti risveglio lo sguardo

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Dal veleno di vipera, all’idro-stetching, ai campi elettromagnetici, tante le nuove tecniche per correggere la regione perioculare. Fondamentale però un’ottima conoscenza dell’anatomia e una solida preparazione medica

Gli occhi sono lo specchio dell’anima, ma anche una delle sedi predilette dai segni del tempo. Qualunque intervento anti-aging non può dunque prescindere dal prendere in considerazione quest’area alla quale sono dedicate molte terapie, da quelle già collaudate come quelle che hanno come target il solco lacrimale (o tear-through), ad altre emergenti come l’hydrostretching perioculare. Tra le varie alternative non chirurgiche (blefaroplastica inferiore o superiore) per il trattamento di quest’area ci sono i filler, i fili (dopo i 40 anni, la combinazione correzione del solco lacrimale – lifting del sopracciglio risulta molto efficace) , i peeling chimici, le radiofrequenze frazionate (V-FR), la luce pulsata, la terapia a luce LED, il microneedling. Rughe profonde, borse, occhiaie e occhi infossati sono tutti problemi affrontati dal trattamento del solco lacrimale mediante filler, uno dei più utilizzati per il ringiovanimento non chirurgico dello sguardo che consiste nell’iniettare acido ialuronico (reticolato e non reticolato) al di sotto del muscolo orbicolare. Distendere pieghe cutanee e rughe, aprire lo sguardo e migliorare l’aspetto dell’area perioculare sono gli obiettivi principali di un trattamento anti-aging per gli occhi. In questa zona del viso, estremamente mobile, le rughe perioculari sono sia statiche che dinamiche. Un aiuto può venire dall’impiego dell’acido ialuronico in gel, che realizza un vero e proprio hydrostretching perioculare (abstract 182, Paola Giorno).

Interessante anche il ‘matrimonio’ botulino-fili che realizza una ‘neurostabilizzazione’ del volto grazie alla sinergia tra neuromodulazione chimica e biostabilizzazione meccanica (abstract 158, Marco Enzani). In una prima fase la tossina distende i muscoli che contraendosi formano le rughe e interviene sulle linee dello sguardo; la successiva fase di biostabilizzazione (a distanza di 40-60 giorni dalla prima) invece prevede il posizionamento di fili in polidiossanone (PDO) in punti ‘strategici’ della zona perioculare per stimolare la produzione di collagene in situ e ritardare la ricomparsa delle rughe, una volta esaurito l’effetto del botox. È una strategia per prolungare gli effetti distensivi della tossina botulinica anche in fase di recupero motorio e ripresa dell’attività muscolare, in attesa delle formulazioni botulino long acting.

E per la palpebra superiore, per chi non vuole sentir parlare di blefaroplastica (che nel 2020 è stata comunque la seconda procedura di chirurgia estetica negli Stati Uniti secondo l’ ASPS American Society of Plastic Surgeons), ci sono i vari trattamenti di termalizzazione che sfruttano l’effetto del calore per ottenere una retrazione dei tessuti che a distanza di qualche settimana determina una maggior apertura dell’occhio e un sollevamento dell’arcata sopracciliare e della ‘palpebra superiore. Tra le varie tecnologie in uso c’è il laser Pixel CO2 che determina una retrazione del tessuto palpebrale, secondaria alla denaturazione del collagene e alla conseguente produzione di protocollagene di tipo I fibrotico, ma ha il limite di ridurre progressivamente l’elasticità del tessuto, limitando così il numero di terapie alle quali poter sottoporre il paziente. Una new entry, che supera questo limite, è rappresentata dalla blefaroterapia con campi elettromagnetici, un trattamento sinergico con campi elettromagnetici e vacuum che stimola la produzione di collagene di tipo III e di fibre elastiche; solleva la palpebra e l’arcata sopraccigliare e va ad ‘aprire’ l’occhio. Può essere ripetuta più volte senza modificare la qualità del tessuto (abstract Simona Laura).

Per cancellare le aree di iperpigmentazione (o melanosi) intorno agli occhi, accanto ai trattamenti classici come i peeling chimici, il laser o l’impiego di idrochinone, acido azelaico, tretinoina, una nuova proposta (abstract Michele Bisaccia) è rappresentata dall’impiego di PRP (plasma ricco di piastrine) iniettato a livello intradermico nella cute periorbitaria. Infine, tra le nuove proposte per il trattamento della zona occhi, spunta anche il veleno di vipera. Una nuova formulazione cosmetica si basa infatti su un peptide estratto dal veleno di questo rettile ad azione tossina botulinica-mimetica, associato ad un estratto di un’alga (la Nannochloropsis oculata che inibisce le metalloproteasi determinando un rassodamento della pelle) e al palmitoil pentapeptide-4, che stimola la produzione di glicosaminoglicani, collagene e acido ialuronico, ristrutturando la matrice dermica. (abstract Francesco Araco). Associata alla terapia con tossina botulinica, questa formulazione cosmetica ne migliora in maniera significativa l’efficacia, riduce le rughe superficiali del viso e ripristina la matrice cutanea.

“La regione perioculare deve essere sempre tratatta con molta delicatezza e con terapie mediche poco invasive – commenta il presidente della SIME Emanuele Bartoletti – Il medico estetico preparato, che deve essere un laureato in medicina e chirurgia con un percorso formativo dedicato alla medicina estetica, conosce bene l’anatomia molto particolare di quest’area e sa di dover ottenere il massimo risultato con la terapia meno aggressiva possibile. Molto si può fare con i filler anche a livello del sopracciglio e della regione temporale, ma sempre con una giusta e adeguata prudenza”.

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