Torino, 27 maggio 2015 – Tecniche sempre più mini-invasive, con post-operatorio ridotto e niente dolore. La tecnologia nel campo della chirurgia oculistica continua a fare passi avanti: una delle ultime novità riguarda la vitrectomia, una procedura chirurgica utilizzata per rimuovere il corpo vitreo di solito in seguito ad alcuni tipi di maculopatia o al distacco di retina. «La novità consiste in un’evoluzione del diametro degli aghi delle siringhe, disponibili da poco in Italia a 27 gauge, ossia 0,4 millimetri – afferma Alberto Bellone, oculista di Torino specializzato in chirurgia refrattiva e microchirurgia oculare -. In precedenza la misura più piccola disponibile era 25g ossia 0,5 mm. Un cambiamento davvero microscopico, ma che per la microchirurgia è sostanziale e comporta numerosi benefici per il paziente: i risultati saranno migliori e così anche la ripresa dopo l’operazione».
[easy_ad_inject_1]L’intervento di vitrectomia consiste nella rimozione del corpo vitreo e si rende necessario a seguito di alcune patologie: «Il corpo vitreo è una sostanza gelatinosa trasparente presente all’interno dell’occhio, composta in gran parte da acqua e da sostanze come collagene e acido ialuronico. Aderisce in più punti alla retina, quindi l’intervento deve essere eseguito da esperti per evitare danni» dice Bellone.
L’intervento. «La vitrectomia è efficace quindi in tutte quelle situazioni in cui il vitreo non é più trasparente come nelle emorragie o nelle infezioni, oppure quando si è reso responsabile del formarsi di una patologia a carico della retina come il distacco, la retinopatia diabetica, il foro maculare e il pucker – spiega l’oculista torinese -. La vitrectomia a 27g è indicata per la gran parte degli interventi, anche se non proprio per tutti. Tra le indicazioni principali per la vitrectomia 27g c’è la membrana epiretinica (pucker maculare) o maculopatia a cellophane, come viene spesso chiamato. Un altro caso piuttosto frequente in cui si pratica è il distacco della retina». Si ricorre alla vitrectomia anche in caso di traumi oculari penetranti con o senza ritenzione di corpo estraneo, o nel caso di complicazioni di altre chirurgie oculari come nel nucleo lussato in camera vitrea a seguito di un intervento di cataratta con rottura capsulare.
La tecnica. «Negli anni ’70 , quando fu inventata la vitrectomia era a 17g. Vent’anni fa lo strumento utilizzato aveva un diametro di 1 millimetro, oggi, dopo vari passaggi intermedi, con il 20 e il 23 g abbiamo più che dimezzato questa grandezza» spiega l’oculista torinese. La vitrectomia avviene praticando dei forellini all’interno dell’occhio attraverso i quali sono inserite delle microsonde che permettono di eseguire l’intervento chirurgico sul corpo vitreo e sulla retina. Il diametro di queste microsonde determina la invasività dell’intervento: è chiaro che tanto più piccolo è il diametro tanto migliore saranno i risultati dell’intervento chirurgico e la ripresa nel postoperatorio.
«Con un diametro di 0,4 mm si aprono delle “miniporte” nell’occhio per l’operazione, che, per le dimensioni così ridotte sono auto-chiudenti (non bisogna dare dei punti di sutura), non determinano la fuoriuscita di liquido nel postoperatorio e non causano complicanze – afferma Bellone -. L’intervento si esegue in tempi brevissimi (15-20 minuti) e il recupero funzionale avviene subito, in 24 ore, senza dolore e in casi selezionati addirittura senza anestesia».
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