La scorsa settimana i media di tutto il mondo hanno richiamato l’attenzione sull’eccessiva esposizione della Cina al settore immobiliare: il Dragone si trova infatti ad affrontare il protrarsi di una riallocazione delle risorse, che si ripercuoterà sulla domanda globale. Per dare un po’ di contesto, la quota di investimenti immobiliari in Cina ha raggiunto l’8% del PIL nel 2013 e da allora si aggira intorno a questa cifra, mentre negli Stati Uniti gli investimenti residenziali hanno raggiunto il 6,7% del PIL nel 2006, prima di crollare al 2,4% nel 2010.
Qual è l’impatto a livello globale di una crisi dell’economia cinese? Analizzando i dati recenti, per esempio, emerge come l’impatto della riduzione dei prezzi dei beni importati dalla Cina sull’inflazione sottostante negli Usa sia stato minimo. In primo luogo perché le importazioni di beni rappresentano una piccola fetta della spesa complessiva dei consumatori statunitensi (16,6%) e le importazioni cinesi rappresentano una parte ancora più piccola della spesa (2,2%). In secondo luogo, fattori interni come l’inflazione del settore terziario – dove la rigidità del mercato del lavoro ha determinato un aumento dei costi dei fattori di produzione – spesso annullano le pressioni esterne sui prezzi.
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