Un fiume di persone incuriosite e ansiose di ritornare dopo venti, trenta e in alcuni casi anche cinquant’anni, a passeggiare, convintamente, in uno dei quartieri più vecchi della Città delle Acque e considerato, fino a ieri, decisamente off limits.
Tra i mercatini artigianali, i lavoretti manuali dei bambini, le estemporanee di pittura e in digital art degli artisti di Terre Scosse, la tammorra popolare, gli aneddoti di Luigi Ferraris e le canzoni napoletane di Aniello Lascialfari, tanto interesse hanno riscosso le visite guidate alla chiesa di Santa Caterina, che ha stupito per la ricchezza di testimonianze artistiche, praticamente sconosciute perfino ai residenti del quartiere. Se nel tempio, infatti, hanno entusiasmato gli stucchi e i finti marmi del maestro stabiese Francesco Filosa, l’altare tardo settecentesco di marmi policromi (che ancora non ha trovato attribuzione nonostante l’altissima qualità dell’opera e che fu probabilmente commissionata come opera unica con divieto di ripetizione) e le statue di Santa Caterina d’Alessandria, San Giuda Taddeo e San Giuseppe (patrono del cantiere navale che, a quanto riportano le fonti popolari, fu donata proprio dagli operai), tutte attribuite alla bottega dei Fratelli Verzella, un vero e proprio sentimento di orgoglio hanno suscitato nei visitatori opere da poco scoperte come la Pietà firmata dal pittore stabiese Giuseppe Bonito (1741) e Santa Caterina salvata dall’Arcangelo Michele dalla ruota dentata, attribuita dal prof. Pierluigi Leone de Castris a Ludovico Mazzanti, tra i massimi esponenti della pittura del Settecento romano. All’interno della chiesa i visitatori hanno potuto anche ammirare la statua del Sacro Cuore di Maria che dominava l’altare maggiore della Parrocchia di Santa Maria della Pace, in Largo Pace, attribuibile, secondo lo studioso Egidio Valcaccia, al maestro Francesco Citarelli, uno dei massimi protagonisti dell’Ottocento napoletano.
La coincidenza della manifestazione di ieri con le celebrazioni della festa di Sant’Anna, ha reso possibile anche la visita alla cappella serotina di via Licerta che fu eretta nell’Ottocento dal vescovo Francesco Petagna. In questa chiesa, che viene aperta al culto una sola volta all’anno e in cui, alla fine delle celebrazioni viene impartita la tradizionale benedizione alle donne partorienti, la statua venerata è da attribuirsi – sempre secondo il Valcaccia – al laboratorio napoletano Gangi-Della Campa.
“Abbiamo piantato il seme del cambiamento – commenta entusiasta Gianluca Caccioppoli, presidente dell’Associazione Myo che ha organizzato l’evento – Myo, continua, significa proprio cambiamento, apertura, rivitalizzazione, ed è proprio questa l’intenzione che abbiamo colto nelle tante sollecitazioni dei residenti che ci hanno spinti ad organizzare l’evento. Questi cittadini sono, e vogliono tornare a sentirsi – ha concluso – parte integrante della Città e questa è di sicuro la prima di tante altre iniziative che vanno in questa direzione”.
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