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RAI3: CARLO ANCELOTTI A CHE TEMPO CHE FA: ‘I MIEI PUNTI DI RIFERIMENTO?

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RAI3: CARLO ANCELOTTI A CHE TEMPO CHE FA: ‘I MIEI PUNTI DI RIFERIMENTO? LIEDHOLM A LIVELLO CARATTERIALE E SACCHI A LIVELLO TECNICO’, ‘INDOSSO LO STESSO GILET DALLA FINALE DEL 2014 DI LISBONA’, ‘NESSUN PRESIDENTE MI HA MAI CONSIGLIATO LA FORMAZIONE’

“Ho portato Beckham a Parma a mangiare il bollito, ma è un’usanza che si usava di più 20 anni fa. Ora il calcio è cambiato, anche le relazioni sono cambiate”. Così Carlo Ancelotti ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa su Rai3.

Sul figlio Davide, suo vice sulla panchina del Real Madrid: “Si tratta di un rapporto molto diretto, molto semplice. È chiaro che Davide mi può dire delle cose che altri non possono dire, come ‘Che cacchio stai facendo?’. Non tutti hanno questa possibilità. Quando me lo dice, io penso. Ascolto molto gli altri. Mi piace più ascoltare che parlare”.

Sugli allenatori che sono stati per lui un punto di riferimento: “Liedholm a livello caratteriale è stato un allenatore che mi ha impressionato molto, per la sua calma, per la sua ironia, per la sua tranquillità. Era molto simpatico. Poi Sacchi a livello tecnico è stato secondo me un innovatore

Il suo stato d’animo prima delle partite e il VAR: “Quello che provo prima di una partita è uno stato di malessere fisico, con aumento della sudorazione e del battito. Ho fatto 1200 panchine e mi succede tutte le volte. Questa preoccupazione e questi pensieri negativi arrivano, però tutto passa quando inizia la partita. Godermi la partita? Dalla panchina mai. Sul 3 a 0 non sei sempre super tranquillo o super sereno. Davide a volte mi dice di stare tranquillo sul 3 a 0, ma io no. Sul 3 a 0 è successo il finimondo in una finale del 2005. Momenti di tranquillità sulla panchina mai ci sono. Oltretutto, un tempo la tua squadra segnava e tu esultavi. Ora non puoi neanche più farlo perché c’è sempre il check del VAR e quindi bisogna aspettare e l’attimo di felicità passa. D’altro canto c’è anche il vantaggio che se ti fanno gol puoi dire ‘Aspetta, c’è il salvavita: il VAR’”.

Sulle lingue che parla:Le parlo tutte, tranne il tedesco, non sono riuscito. Me lo sono scordato. Le altre le parlo: spagnolo bene, inglese bene, francese benino. Ogni tanto invento qualche parola spagnola… metto la S alla fine!

Sulla scaramanzia: “Il solitario? Mi tranquillizza molto prima delle partite, ma non non sono superstizioso. Mi hanno insegnato che essere superstizioso non è buono, ma non esserlo porta a male. Metto lo stesso gilet ogni partita? È il gilet che indosso dalla finale del 2014 a Lisbona. L’ho poi riproposto il giorno in cui sono venuto a Madrid. Questo è il gilet anche della finale del 2022. Ora lo uso finchè vedo che perde energia”.

Sull’autocritica dei giocatori: “Il giocatore, se è onesto e autocritico, sa quando sbaglia e sa quando è una sua responsabilità. Maggiore è questo senso di autocritica quanto migliore è la relazione con l’allenatore. Se la relazione è conflittuale, il senso di autocritica si abbassa molto e diventa di più una responsabilità dell’allenatore”.

Se è meglio avere giocatori forti o allenatore forte: “È meglio vincere giocando male. Per avere successo, è invece meglio avere grandi giocatori e un allenatore scarso. Con giocatori scarsi non vinci”

I più grandi giocatori con cui ha giocato e che ha allenato: “Veramente difficile perché sono tanti. Più quelli che ho allenato di quelli con cui ho giocato. Potrei dire Van Basten – è stato un grandissimo – Baresi o Maldini. Che ho allenato, sicuramente Maldini, ma posso dire Ronaldo, Cristiano Ronaldo, Ibrahimovic, Drogba, Benzema, Vinicious…”

Sui consigli calcistici dei Presidenti delle squadre: “È sempre stata una leggenda, su tutti. Nessuno mi ha mai detto ‘fai giocare questo o fai giocare quello’. Mai. Tante volte chiedono perché gioca questo o quell’altro. Questo è nei diritti di un Presidente chiederlo. Nessuno mi ha mai consigliato la formazione”.

Su Ibrahimović: “Ibra è il numero uno. Dietro questa questa maschera di arrogante c’è un grande professionale e un grande altruista. Ibra è stato uno dei pochi attaccanti che ho visto avere più piacere fare un passaggio che fare un gol. Soprattutto a Parigi gli dava tantissima soddisfazione far segnare gli altri compagni. È un grande giocatore, un grande personaggio del calcio”.

Sulla partita perfetta: “La partita perfetta esiste. La mia partita perfetta è stata un 3 a 0, Milan – Manchester United.  La partita perfetta è stata la semifinale di Champions dell’anno scorso. Quando pensi che sia tutto perso e invece c’è la rinascita”.

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