Risultati trimestrali rassicuranti, ma il quadro della liquidità resta ancora debole
A cura del Team di Ricerca di Intermonte
PIR: significativi deflussi nel primo trimestre 2023
Nella sua revisione trimestrale del 22 febbraio 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 4Q22. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 368 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato deflussi per 9 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,5 miliardi di euro, mentre 1,4 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata su base sequenziale rispetto al 3° trimestre del 2022 e al 2° trimestre del 2022, quando gli afflussi netti erano stati rispettivamente di -330 e di -96 milioni di euro. Il saldo totale YtD si attesta quindi a -773 milioni di euro, mentre gli AuM si sono attestati a 17,5 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 16,5 miliardi di euro di fine settembre, grazie alla performance del mercato.
Il dato di afflusso è peggiore di quello reso noto dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore, che stimava
286 milioni di euro di deflussi nel 4Q22 (con ottobre, novembre e dicembre rispettivamente a -92 milioni di euro, -102 milioni di euro e -92 milioni di euro).
Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 4Q22 è stata di -9 milioni di euro, in calo rispetto al 3Q22 (14,5 milioni di euro) e al 2Q22 (153 milioni di euro), con il dato annuale ’22 a 242 milioni di euro e AuM stabili a 1,44 miliardi di euro (stesso dato di fine giugno e settembre).
Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono continuati in gennaio con -166 milioni di euro, in febbraio con -268 milioni di euro e in marzo con -233 milioni di euro, portando il totale del primo trimestre 2023 a -667 milioni di euro. In aprile i deflussi sono stati pari a 144 milioni di euro, in rallentamento rispetto a febbraio e marzo.
Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.
Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).
Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.
Le nostre stime per i PIR ordinari
Notiamo che la visibilità sulle stime future rimane bassa, ma confermiamo la nostra visione più ottimista sul 2023 rispetto al 2022 per due motivi principali: 1) le performance di mercato sono state complessivamente positive dall’inizio dell’anno e questo potrebbe spingere gli investitori retail a riprendere gli investimenti azionari in prodotti come i PIR; 2) gran parte dei deflussi nel 2022 potrebbero essere stati causati dalla scadenza del periodo di 5 anni a partire dal 2017, un anno caratterizzato da un boom di afflussi e da buone performance di mercato delle small/mid cap, il che significa che molti investitori entrati nei prodotti PIR nel 2017 potrebbero aver scelto di trarre profitto nel 2022, alla scadenza del periodo minimo di detenzione di 5 anni per godere dei benefici fiscali. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.
Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:
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