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Economia

Schroders – Fed: i tagli dei tassi potrebbero non essere così vicini come il mercato si aspetta

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A cura di George Brown, Economist, Schroders

Esattamente un anno fa, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha ricevuto una videochiamata da qualcuno che pensava fosse il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Si trattava invece di una coppia di burloni russi, che in seguito hanno pubblicato una clip in cui Powell sembrava affermare che la banca centrale non conosceva un “modo indolore per far scendere l’inflazione”. Sebbene la Fed abbia messo in dubbio la veridicità della clip, la maggior parte degli economisti ha convenuto che per raggiungere la stabilità dei prezzi è necessaria una recessione o una crescita anemica.

Tuttavia, nei 12 mesi successivi l’economia statunitense si è dimostrata straordinariamente resiliente di fronte ai tassi restrittivi, con una crescita del Pil stimata al 2,5% e una media mensile di 225.000 lavoratori non agricoli (non-farm payroll). Nello stesso periodo, l’IPC core è scesa dal 5,7% al 3,9% e l’inflazione è diminuita ancora di più se si esclude la categoria degli alloggi, che domina il 40% dell’indice. Sulla base di questa misura più ristretta dell’IPC core, i prezzi sono ora più alti solo del 2,2% rispetto a un anno fa.

L’inflazione degli alloggi sembra essere in fase di rientro verso il trend, grazie al calo degli affitti. È probabile che i prezzi dei beni di base rimangano stabili o addirittura diminuiscano, anche tenendo conto delle recenti disruption nel Mar Rosso. Ad essere meno certo, tuttavia, è se i servizi core al netto degli alloggi (o “supercore”) si modereranno. Poiché si tratta del riflesso più fedele delle pressioni sui prezzi a livello nazionale, sarà questo a determinare se e quando la Fed taglierà i tassi quest’anno.

L’andamento dell’inflazione “supercore” quest’anno dipenderà in larga misura dagli sviluppi del mercato del lavoro, dato che il personale è il costo maggiore per la maggior parte dei fornitori di servizi. È incoraggiante notare che sono stati fatti molti progressi nel riequilibrio del mercato del lavoro dopo la pandemia. Le intenzioni di assunzione sono state gradualmente ridotte e gli immigrati stanno sostituendo i lavoratori che sono andati in pensione anticipata. Inoltre, il numero di persone che lasciano il lavoro è diminuito, il che suggerisce che c’è una minore rotazione e concorrenza per i lavoratori.

Sebbene questo dovrebbe normalmente portare a una moderazione della crescita dei salari, non è affatto garantito. Soprattutto perché sarà un anno di elezioni, che quasi certamente vedranno una rivincita tra Joe Biden e Donald Trump. La possibilità di due esiti molto diversi potrebbe mantenere alta la domanda di lavoro, dato che le aziende di solito rinunciano agli investimenti nei periodi di incertezza. Le aziende potrebbero invece scegliere di utilizzare la flessibilità offerta dal mercato del lavoro per far fronte alle fluttuazioni della domanda.

Per questo motivo, la crescita dei salari potrebbe rimanere sostenuta e la produttività potrebbe risultare debole. La combinazione di questi elementi porterebbe in ultima analisi a una pressione al rialzo dei costi unitari del lavoro e, di conseguenza, all’inflazione supercore. Pertanto, sebbene gli investitori stiano valutando una probabilità vicina all’80% che i tassi vengano tagliati a marzo, riteniamo che ciò sia prematuro, dato che i rischi per l’inflazione sembrano ancora inclinati verso l’alto e considerato il tono cauto adottato dal FOMC.

Tuttavia, il taglio dei tassi potrebbe non tardare molto. La crescita è destinata a indebolirsi e il mercato del lavoro a normalizzarsi quest’anno. In questo contesto, l’attuale atteggiamento sul fronte della politica monetaria sta diventando eccessivamente restrittivo, soprattutto in termini reali con la moderazione dell’inflazione. Inoltre, dato che i ritardi tra l’azione politica e la reazione dell’economia sembrano essersi allungati, il FOMC non può permettersi di aspettare la piena conferma che la lotta contro l’inflazione è vinta.

Per questi motivi, ci aspettiamo che il primo taglio dei tassi avvenga a giugno, seguito da un allentamento ad ogni altra riunione fino alla fine del 2024. Ma entro la fine dell’anno, i dati dovrebbero mostrare in modo convincente che i tassi restrittivi non sono più necessari, tanto che ci aspettiamo che da lì in poi la Fed tagli ad ogni riunione per riportare i tassi alla neutralità, che secondo le nostre stime sarà attorno al 3,50%, partendo dal presupposto che il tasso di interesse neutrale reale sia compreso tra l’1,25% e l’1,50%.

Grafico 1: il calo dell’inflazione aprirà la porta ai tagli dei tassi da parte della Fed

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