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T. Rowe Price: Bce verso una pausa

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A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price

Ci aspettiamo che la BCE si prenda una pausa al prossimo incontro, sulla base della recente serie di dati che dovrebbero spingere verso una maggiore cautela. Un rialzo, in presenza di dati che iniziano a segnalare una recessione, potrebbe essere controproducente: se la BCE sorprendesse gli investitori con un rialzo, i mercati potrebbero iniziare a prezzare un errore politico, allentando le condizioni finanziarie e prevedendo un euro più debole. Ciò renderebbe la politica monetaria meno restrittiva, aumentando l’inflazione importata: sarebbe l’opposto di ciò che la BCE vuole ottenere.  

Nella conferenza stampa dello scorso luglio, la presidente Christine Lagarde ha dichiarato che la BCE sarebbe stata guidata principalmente dai dati per valutare, qualora fosse necessario, un rialzo a settembre. I membri del Consiglio direttivo si sono attenuti a questa strategia di comunicazione e la maggior parte dei discorsi dei policy maker ha lasciato in sospeso l’esito di settembre. A seguito del passaggio a una strategia di determinazione dei tassi basata in via principale sui dati, i mercati hanno valutato la possibilità di un rialzo dei tassi solo sulla base delle evidenze emerse dagli indicatori.

Tuttavia, i dati più recenti indicano chiaramente una pausa a settembre. Il PMI dei servizi si è indebolito notevolmente in agosto, continuando la serie di sorprese negative iniziata a maggio. È un dato importante, poiché il PMI dei servizi mostra un’elevata correlazione con la crescita effettiva dei servizi nell’area euro, anche dopo la pandemia, mentre altre indagini sembrano aver perso il potere predittivo sull’economia reale che avevano un tempo.

Sul fronte dell’inflazione, la versione core dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) ha sorpreso il consenso al rialzo lo scorso luglio, ma ha subito una marcata inversione di tendenza ad agosto, sia su base annuale sia tendenziale. L’indice CPI core mensile nell’area euro si era mantenuto ai livelli di un agosto medio, prima del recente aumento dell’inflazione. Infine, la solidità della crescita dell’Eurozona nel 2° trimestre 2023 è venuta meno, indebolita dalle esportazioni nette, ma sostenuta dalle scorte. I consumi delle famiglie sono rimasti pressoché fermi nella prima metà dell’anno. Sulla base di questa recente serie di dati, i mercati stanno valutando solo il 30% di probabilità di un rialzo questa settimana. 

Sostengo da tempo l’opinione che probabilmente stiamo scivolando verso una recessione nell’Eurozona. Non è ancora l’opinione dominante, ma sta guadagnando sempre più consenso tra gli economisti e i mercati, dopo le revisioni dei dati sul PIL della scorsa settimana.

Nel suo discorso a Jackson Hole, la presidente Lagarde ha definito, in via informale, tre condizioni per una pausa del rialzo dei tassi. La BCE deve vedere: la trasmissione della politica monetaria all’economia reale, un punto di svolta nell’inflazione CPI sottostante (core) e una prospettiva di inflazione (previsione) al 2% nel medio termine. I dati mostrano che le prime due condizioni sono chiaramente soddisfatte. La previsione (la terza condizione) è decisa dalla BCE. Tuttavia, l’indebolimento dei dati sulla crescita dovrebbe portare a una previsione di inflazione più bassa nei modelli della BCE.

In effetti, c’è il rischio che un rialzo questa settimana possa avere un effetto contrario. Astenendosi dal commentare la decisione di settembre, i policy maker hanno incoraggiato i mercati a prezzare la politica solo sui dati. E i dati indicano una pausa. Se i membri del Consiglio direttivo dovessero aumentare a prescindere, nell’attuale contesto di debolezza dei dati sull’economia reale e di recessione emergente, i mercati potrebbero iniziare a prezzare un errore politico. Il fatto che la BCE stia effettuando rialzi in quella che comincia a sembrare una recessione potrebbe spingere i mercati a prezzare ulteriori tagli tra uno e due anni. L’euro si svaluterebbe, anziché apprezzarsi. Questo allenterebbe di fatto le condizioni finanziarie, implicando una politica meno restrittiva. L’euro continuerebbe probabilmente a deprezzarsi, aumentando l’inflazione importata. Esiste quindi il rischio concreto che un rialzo questa settimana si riveli controproducente.

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