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T. Rowe Price: I dati sull’inflazione europea implicano una pausa a settembre per la Bce

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A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price

A Jackson Hole, la Presidente Lagarde ha confermato che la Bce dovrà dipendere dai dati. Questo messaggio è stato rafforzato oggi da Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della Bce. Finora, i dati sull’economia reale di agosto hanno supportato una pausa, in particolare il forte calo dei PMI dei servizi.

La pubblicazione odierna dei dati sull’inflazione di agosto avvalora questa tesi. L’inflazione complessiva non è scesa ulteriormente ad agosto. Tuttavia, ciò è dipeso dagli effetti dei prezzi dell’energia. L’inflazione core IPC è ciò che conta davvero per le decisioni immediate della Bce, come ha sottolineato la Presidente Lagarde nel suo discorso a Jackson Hole. L’inflazione IPC core dell’area dell’euro è rallentata dal 5,5% di luglio al 5,3% di agosto, in linea con le aspettative del consenso. È importante notare che l’inflazione dei servizi, misurata da Eurostat, è diminuita in modo significativo: l’inflazione destagionalizzata dei servizi m/m è scesa allo 0,19%, in netto calo rispetto allo 0,6% di luglio. In termini annuali, sembra che luglio abbia rappresentato il picco dell’inflazione IAPC dei servizi. Sebbene l’inflazione IPC dei servizi rimanga a livelli molto elevati, i dati mostrano ora che la direzione di marcia è quella giusta. La decisione della Bce a settembre sarà molto equilibrata. Tuttavia, il dato odierno sull’inflazione ha innalzato la probabilità di una pausa a settembre al 60%, a nostro avviso. Il mio precedente parere era a favore di un rialzo, ma credo che i dati di oggi daranno alla Bce un po’ di respiro.

La divergenza delle politiche della Bce e della Federal Reserve sosterrà l’indebolimento dell’euro verso la fine dell’anno. A Jackson Hole, il presidente Powell ha sottolineato che la Federal Reserve potrebbe essere costretta a rialzare ancora la testa se l’economia non rallenterà, in quanto ciò aumenta il rischio che l’inflazione rimanga al di sopra dell’obiettivo del 2% della Fed. In contrasto con la forte performance economica degli Stati Uniti, molteplici segnali indicano un’imminente recessione nell’area euro. Questa differenza di performance dell’economia reale e le implicazioni per la politica monetaria, in particolare se la Bce sarà in grado di mantenere i tassi di policy a questi livelli, porteranno probabilmente i mercati a prezzare l’euro al ribasso rispetto al dollaro USA. A mio avviso, un cambio EUR/USD a 1,05 a fine anno sarà possibile a causa di queste differenze nell’economia reale e dei probabili cambiamenti futuri nelle convinzioni del mercato sulla politica monetaria.

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