Il governo sta agendo su due fronti per quanto riguarda il settore bancario. Da una parte, l’anticipo sulla liquidità, in cui gli istituti hanno mostrato disponibilità intervenendo sulle imposte differite (Dta). Dall’altra, si discute una tassa sui bonus azionari, ossia le stock option dei dirigenti di alto livello.
La misura fiscale, secondo il Centro studi di Unimpresa, sembra essere una manovra destinata ad avere scarso effetto sul gettito. I tecnici stanno valutando l’introduzione di una tassa speciale sui premi azionari concessi ai top manager delle grandi imprese. Questa imposta potrebbe essere estesa anche ad altri settori, come quello assicurativo ed energetico.
Il punto chiave è l’applicazione di un’addizione all’Irpef sui premi azionari. Si tratta di un’imposta aggiuntiva del 10% introdotta nel 2010 dal governo Berlusconi, che scatta quando il premio supera la parte fissa dello stipendio. L’operazione non avrebbe un impatto sui bilanci delle banche, ma ricadrebbe sui dirigenti che incassano le stock option.
La misura soddisferebbe diversi attori. Il governo potrebbe vantarsi di aver tassato i banchieri, le banche non vedrebbero effetti sui propri bilanci, e i manager non risentirebbero troppo dell’aumento fiscale, grazie ai guadagni delle azioni in Borsa.
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