A cura di Sebastien Mallet, gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV – Global Value Equity, T. Rowe Price
Il Value investing e i criteri ESG non sono certo amici per la pelle. Il concetto stesso di Value potrebbe essere visto come una contraddizione con alcuni dei fondamenti associati alle solide credenziali ESG. Tuttavia, un numero crescente di investitori riconosce che ESG e Value investing non si escludono a vicenda. Infatti, se l’integrazione ESG viene attuata correttamente, può essere una componente cruciale per generare valore, a seconda di dove gli investitori si orientano.
Individuare i “vincitori” in un contesto di disruption
Il Value investing si concentra sulla selezione dei titoli che appaiono sottovalutati o trascurati dal mercato e che vengono scambiati ad un prezzo inferiore al loro valore intrinseco. Ciò significa che gli analisti si imbattono spesso in opportunità distressed. Queste opportunità – o l’adozione di un approccio di “deep” Value investing – portano gli investitori ad avvicinarsi a comparti del mercato in cui sono numerose le controversie ESG e in settori che non sono sempre attenti alla sostenibilità. Molti dei titoli che gli investitori Value considerano valutati erroneamente si trovano nei cosiddetti settori della “old economy”, come l’energia e le utility. Le aziende di questi settori tendono non solo ad avere elevate emissioni di carbonio, ma anche a subire notevoli disruption a causa della digitalizzazione, della transizione energetica globale e di altre sfide.
ESG e Value: una contraddizione in termini?
Non sorprende che il mercato abbia accettato di associare i fattori ESG con determinati stili di investimento – è una scelta errata, ma comoda e semplicistica. È facile collegare i titoli “green” o ESG-friendly con le strategie Growth, mentre molti investitori hanno a lungo associato il Value ai titoli “brown” o ESG-unfriendly. Questo modo di pensare andava bene quando i titoli Growth erano in voga, ma l’atteggiamento ha iniziato a cambiare quando il Value ha iniziato a mostrare segni di sovraperformance nel quarto trimestre del 2020 – quando sono stati annunciati i progressi del vaccino COVID 19 – e ancora di più quando il rally si è dimostrato più duraturo di quanto alcuni investitori avessero inizialmente ipotizzato. È interessante notare che ora stiamo assistendo sempre di più all’emergere di una nuova narrativa attesa da tempo: l’idea che ESG e Value non si escludano a vicenda e che l’ESG non si limiti ai titoli Growth.
L’importanza dell’integrazione ESG per il Value investing
L’engagement con le società Value sulle questioni ESG è fondamentale per valutare quali società stanno prendendo sul serio determinati rischi e capire come stanno cercando di mitigarli. Inoltre, riteniamo che una revisione periodica del profilo ESG dei portafogli Value sia utile per verificare che i rischi ESG siano controllati a livello di portafoglio.
In termini pratici, l’integrazione ESG svolge un ruolo importante in diverse aree quando si tratta di Value investing. Uno dei rischi che i gestori devono affrontare è la trappola del Value: un titolo che sembra essere scambiato su livelli molto bassi, ma che poi continua a scendere una volta effettuato l’investimento. A volte, l’integrazione di analisi non finanziarie può aiutare a spiegare perché un titolo merita di rimanere a buon mercato. In questo caso, l’engagement ESG può svolgere un ruolo importante nell’individuare le aziende che stanno realmente migliorando le loro credenziali ESG.
Le opportunità della transizione green
Nel lungo periodo, la transizione verde potrebbe offrire notevoli opportunità agli investitori Value. Secondo un rapporto del McKinsey Global Institute, il fabbisogno di investimenti in beni fisici per l’uso del territorio e i sistemi energetici per raggiungere gli obiettivi Net Zero ammonterebbe a circa 275mila miliardi di dollari tra il 2021 e il 2050, ovvero 9,2mila miliardi di dollari all’anno in media. Ciò richiederebbe 3,5mila miliardi di dollari all’anno in più rispetto a quanto si spende oggi1.
Finora la maggior parte della rivalutazione degli asset si è concentrata su un gruppo ristretto di energie rinnovabili e veicoli elettrici. Tuttavia, è possibile trovare valore in settori meno “affascinanti”, come quello delle utility, dei materiali e dei beni strumentali, il cui rapporto prezzo/valore contabile si colloca all’estremità inferiore della gamma storica.
Sebbene il mondo non possa raggiungere gli obiettivi di Net Zero senza una chiara decarbonizzazione di questi settori più tradizionali e orientati al valore, gli investitori devono essere in grado di operare delle distinzioni. Una solida comprensione di come potrebbe avvenire la transizione in termini di tempi e investimenti è fondamentale per valutare l’impatto sulla redditività e individuare le aziende in grado di adattare i propri modelli di business.
Sebbene le strategie Value siano rimaste indietro rispetto alle strategie Growth nell’ultimo decennio, il campo di gioco si sta livellando, con molteplici fattori di coda che sostengono questo stile di investimento guardando al futuro. Questi vanno dalla fine dell’inflazione molto bassa e dalla normalizzazione della politica monetaria, alla transizione green e alla maggiore attenzione alla sicurezza alimentare ed energetica. Riteniamo che i mercati emergenti e i settori Value con maggiori emissioni, che sono parte integrante della soluzione di questi problemi, offrano numerose opportunità. Per sbloccare appieno il potenziale del Value investing, consideriamo l’integrazione ESG come uno dei tanti strumenti essenziali, che aiuta gli investitori a evitare le potenziali trappole del valore, a individuare i miglioramenti ESG e a identificare le opportunità non apprezzate in un contesto di disruption.