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Gennaro, cameriere del bar dell’Annunziata a Salerno

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Gennaro Barista.

Gennaro è alto e magro, nero di capelli, barbetta rada e cespugliosa, col volto bruciacchiato dal sole estate ed inverno, gli mancano i denti in bocca e non ha più di 30 anni, fa il cameriere al bar dell’Annunziata, quello sotto al vecchio stadio dove furono girate le scene di guerra del film sulle 4 giornate di Napoli, porta caffè e bevande sulla guantiera, a volte rotonda a volte rettangolare, lui si trova meglio con le rotonde perché le rettangolari perdono facilmente l’equilibrio, e le richieste arrivano soprattutto dagli uffici ASL di fronte al bar, d’estate anche ai tavolinetti sulla pedana in strada autorizzata dal sindaco; tra i difetti di Gennaro oltre alla carenza di denti dobbiamo metterci una predisposizione a distorsioni e tendiniti alle caviglie, molto dolorose e che gli rallentano la corsa nell’avanti e indietro, senza considerare inciampi continui sugli scalini tra il marciapiede e l’asfalto, e le scalinate di ingresso nell’atrio della ASL o dei palazzi di altri uffici privati, guadagna cinquecento euro al mese più le mance e va avanti con la moglie laureata in matematica e due figli piccoli, le spese per l’affitto, per i pannolini ed il latte che la sera porta dal bar dove arriva fresco e che gli viene scalato dal mensile; vorrebbe stare più tempo coi bambini ma la sera arriva sempre tardi e stanco ed al mattino non c’è mai tempo, siccome lavora anche il sabato, gli rimane la domenica; sua moglie Maria ha principi cattolici contrari alla contraccezione ed all’astinenza, ama i bambini ed ha accettato con naturalezza le gravidanze, e Gennaro non si è mai fatto problemi sui principi della moglie, nonostante la sua estraneità ad ogni spirito religioso. Sua moglie non ha un lavoro vero, sia perché è difficile trovarne uno che si concili con una doppia maternità sia per la rarità o inesistenza dei lavori per matematici. Ed allora, doposcuola.

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Ma non è che Gennaro non abbia i denti, gli mancano gli incisivi ed alcuni molari, i canini li tiene, ma anneriti, ragioni ereditarie e non perché avesse mangiato molti dolciumi in vita sua. Rimane certo che non ha mai avuto tempo e denaro per il dentista.

Fatto è che un giorno la padrona del bar, – la classica signora dai capelli tinti e cotonati, bracciali d’oro ai polsi e collane pendenti, pure d’oro, sulla enorme scollatura poggiata sulla cassa, una fila di buchi nell’orecchio sinistro con tanti piccoli orecchini d’oro e l’ultimo sul lobo terminante a ciondolo, le dita ricoperte di ogni sorta di anelli, compresi i pollici, sulla mano sinistra le spicca una pietra ovale verde, una rosa tatuata sulla spalla con il richiamo della stessa rosa sul polpaccio della gamba sinistra, e sulla mammella sinistra, ben visibile date le scollature, cinque puntini neri, i cinque punti così detti della malavita, maleodorante di profumi a basso costo, originaria e residente al centro storico, sopra il duomo, con un marito piccoletto e magrolino che non si fa mai vedere nei pressi del bar e passa tutto il suo tempo a curiosare per la città, contrariamente al figlio che con la fidanzata bighellonano tutto il giorno e mangiano gelati tra i tavoli dei clienti, figlio e fidanzata anch’essi tatuati, – lo chiamò per dargli un aut aut, o si curava e metteva i denti mancanti o era costretta a licenziarlo, perché essendo lui molto alto attirava l’attenzione e quella dentatura metteva a disagio i clienti : “ o metti i denti o sono costretta a licenziarti, o ti licenzi e te ne vai, ma è meglio che ti licenzio io così ti faccio prendere la disoccupazione.” Gennaro aveva avuto da sempre il presentimento che quei denti avrebbero potuto un giorno dargli problemi più grossi, un presentimento che gli appesantiva il cuore e rendeva triste lo sguardo quando guardava i suoi figli. …. N.Q.

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