Home Italia IN ABRUZZO E MOLISE L’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NON E’ UN DIRITTO

IN ABRUZZO E MOLISE L’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NON E’ UN DIRITTO

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I 45 DIFFICILI ANNI DELLA 194

Sono passati 45 anni dalla legge 194 ma l’autodeterminazione delle donne è ancora messa fortemente in discussione.
Oggi, in continuità con il movimento femminista degli anni 70, siamo ancora impegnate a difendere il diritto alla libertà di scelta e il diritto alla salute delle donne che decidono di ricorrere all’IVG.

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La piena attuazione della 194 è di fatto un percorso a ostacoli, soprattutto in Abruzzo e Molise: l’istituto dell’obiezione di coscienza è arrivata a livelli non tollerabili per l’intero sistema e pone difficoltà enormi di accesso alle procedure abortive. Si aggiunge a questo una certa intolleranza all’utilizzo delle procedure abortive farmacologiche.

In Abruzzo l’83,8% dei medici sono obiettori, in Molise l’82,8% con una media nazionale che si aggira intorno al 64% .
Ci sono delle Regioni dove ormai l’uso dell’aborto farmacologico è prevalente. Non è il caso dell’Abruzzo, dove si pratica solo in tre ospedali, e del Molise che ha la maglia nera su tutto il territorio nazionale con l’1,9% di possibilità di abortire con la RU 486.

Ad agosto 2020 il Ministero della Salute aveva emanato una circolare che prevedeva, tra le altre cose, la fine del ricovero obbligatorio in caso di aborto farmacologico e la possibilità di somministrazione della pillola anche in ambulatori e consultori. Sono passati tre anni, eppure solo in due Regioni hanno distribuito la RU486 nei consultori, nel Lazio e in Emilia Romagna.

Una particolare attenzione andrebbe dedicata ai consultori che dovrebbero essere i luoghi privilegiati di promozione della salute delle donne, sia per la prevenzione che per l’assistenza.
Ma in Abruzzo le scelte politiche dell’attuale giunta sono andate in tutt’altra direzione: l’interruzione farmacologica di gravidanza con utilizzo di mifepristone e prostaglandine è effettuata preferibilmente in ambito ospedaliero e non presso i consultori familiari. La giustificazione principale riguarda l’impossibilità di garantire in ogni consultorio la presenza di un medico e il collegamento con l’ospedale di riferimento in caso di necessità. Oltre all’ inattaccabile scudo della “tutela della salute delle donne”.

La verità è che i consultori versano da anni in una condizione di forte depotenziamento e progressivo svuotamento di personale anche per il cronico taglio di risorse.
Eppure anche il recente DM 77/2022 ha ribadito la necessità di un consultorio ogni 20 mila abitanti ma l’ultima relazione dell’Istituto Superiore di Sanità ci consegna una realtà diversa con un consultorio ogni 32 mila abitanti.

Le donne della Cgil Abruzzo e Molise non intendono rinunciare ancora oggi, dopo 45 anni, alle battaglie per la piena applicazione della legge 194, il potenziamento dei Consultori familiari, l’accesso ai servizi Ivg, per tutelare il libero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e respingere ogni attacco alla loro autodeterminazione.

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