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J. SAFRA SARASIN: Le tensioni nel Mar Rosso fanno presagire un nuovo shock dell’offerta

Raphael Olszyna-Marzys, International Economist di J. Safra Sarasin
Raphael Olszyna-Marzys, International Economist di J. Safra Sarasin
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A cura di Raphael Olszyna-Marzys, International Economist di J. Safra Sarasin

Le crescenti tensioni nel Mar Rosso, con gli Houthi che lanciano missili contro le rotte commerciali, costringono sempre più navi a deviare dal Canale di Suez verso il Capo di Buona Speranza. Secondo i dati PortWatch del FMI, i volumi commerciali che passano attraverso il canale sono diminuiti di un quarto rispetto all’anno scorso (Figura 1). Si tratta di un dato significativo. In tempi normali, circa un terzo del traffico marittimo di container e il 10-12% del commercio marittimo globale totale passano attraverso lo Stretto di Bab el-Mandeb e il Canale di Suez, in particolare le navi che viaggiano tra Asia ed Europa. Per una nave portacontainer da Shanghai a Rotterdam, la deviazione intorno al Sudafrica allunga il viaggio di otto giorni e aggiunge mezzo milione di dollari di costi di carburante. Anche per le navi che si assumono il rischio, i costi assicurativi sono saliti alle stelle. Di conseguenza, i costi di trasporto dei container sono raddoppiati dall’inizio della crisi.

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Ciò, unitamente alla riduzione dell’accesso al Canale di Panama a causa delle precedenti siccità, ha iniziato a compromettere la produzione. Le importazioni nei porti europei sono diminuite drasticamente dalla metà di dicembre. I produttori di automobili sono stati particolarmente colpiti dai ritardi delle navi, che fino a poco tempo fa hanno interessato soprattutto le navi container che trasportavano manufatti e componenti semilavorati. Di recente, Tesla e Volvo hanno annunciato la chiusura temporanea degli stabilimenti in Europa a causa dei ritardi nelle spedizioni. Il produttore di pneumatici Michelin ha dichiarato che il Mar Rosso avrebbe causato “interruzioni occasionali” nei propri stabilimenti europei a gennaio.

Le crescenti tensioni in Medio Oriente e le disruption delle rotte marittime fanno presagire un altro shock negativo dell’offerta, con rischi al rialzo per l’inflazione e al ribasso per la crescita. Nel 2022, esaminando i dati tra il 1992 e il 2021, il Fondo Monetario Internazionale (‘FMI) ha rilevato che un raddoppio delle tariffe di trasporto ha portato a un aumento di 0,7 punti percentuali dell’inflazione interna nei 12 mesi successivi. Tuttavia, come in ogni modello econometrico, il risultato rappresenta la reazione media, e probabilmente le condizioni eccezionali della pandemia hanno alterato i risultati.

L’impatto potrebbe non essere così ampio. Le disruption di oggi si verificano in un contesto macroeconomico molto diverso da quello del 2020-21. La domanda di beni si è normalizzata, il sistema è più flessibile e i livelli delle scorte si sono ripresi. Inoltre, la capacità di trasporto dovrebbe espandersi nei prossimi due anni grazie all’entrata in funzione dei nuovi ordini effettuati durante la pandemia. La Cina continua a esportare pressioni deflazionistiche nel resto del mondo. Infine, la risposta dei prezzi delle materie prime è stata finora relativamente contenuta. Tutto ciò suggerisce che vi è un rallentamento dell’economia e che l’asticella per un’accelerazione sostenuta dei prezzi dei beni rimane alta.

Tuttavia, non dobbiamo trascurare i rischi che queste tensioni pongono all’economia globale e ai mercati finanziari. Prima dell’inizio delle ostilità nel Mar Rosso, l’impulso negativo derivante dalla normalizzazione post-pandemia delle catene di approvvigionamento aveva già fatto il suo corso. La prossima fase di disinflazione sarà probabilmente più lunga e dolorosa. È improbabile che l’inflazione dei servizi scenda in modo sostenibile se i mercati del lavoro rimangono rigidi. Pertanto, un certo aumento della disoccupazione sembra necessario affinché l’inflazione torni all’obiettivo. Qualsiasi aumento dei prezzi dei beni allontana il ritorno all’obiettivo, oppure sposta l’onere dell’aggiustamento sul settore dei servizi e sul mercato del lavoro. Nessuno di questi scenari sembra essere attualmente prezzato dai mercati finanziari.

Inoltre, a nostro avviso, le possibilità che le tensioni geopolitiche si intensifichino ulteriormente sono notevoli. Gli Houthi non sembrano scoraggiati dai contrattacchi della coalizione americana contro alcune delle sue installazioni militari. Ciò significa che gli Stati Uniti e i loro alleati potrebbero essere costretti a intensificare le ritorsioni contro l’organizzazione. Inoltre, la guerra tra Israele e Hamas potrebbe ancora estendersi al confine settentrionale.

In breve, mentre le pressioni al rialzo sull’inflazione dei beni dovrebbero intensificarsi, l’asticella per un’accelerazione sostenuta dei prezzi dei beni rimane alta. Tuttavia, dato che la view di consenso nei mercati finanziari propende per un soft landing dell’economia globale, il rischio è che gli investitori debbano rivedere il loro grado di convinzione nel caso in cui i dati inizino ad indicare un percorso diverso.

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