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Le sfide del debito dei Mercati Emergenti

Kirstie Spence, Portfolio Manager di Capital Group
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A cura di Kirstie Spence, Portfolio Manager di Capital Group

All’inizio dell’anno, i tre principali fattori che hanno trainato il debito dei mercati emergenti sono stati: le condizioni finanziarie degli Stati Uniti, il dollaro e la crescita globale. Tutti e tre i fattori sembrano essere stati impattati dall’attuale shock del settore bancario. La Federal Reserve sembra destinata a moderare i toni da falco e potrebbe addirittura iniziare a tagliare i tassi di interesse prima della fine dell’anno. Una recessione negli Stati Uniti sembra probabile, mentre le preoccupazioni per il rischio sistemico hanno potenzialmente aumentato le possibilità di un ciclo rialzista del dollaro più lungo, dato il suo status di valuta “rifugio”. Sebbene una Fed meno aggressiva sia in teoria positiva per i mercati emergenti, una recessione degli Stati Uniti, un dollaro forte e un’accresciuta avversione al rischio potrebbero creare uno scenario meno positivo per il debito degli emergenti.

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Un aumento generale dei premi per il rischio e un dollaro forte possono portare a un forte aumento del costo del finanziamento per gli emittenti di debito in dollari dei mercati emergenti e alcuni Paesi emergenti sono già vulnerabili, dato il forte accumulo di debito nell’ultimo decennio grazie ai tassi bassi. Detto ciò, la maggior parte delle difficoltà di finanziamento si sono già verificate in questi mercati e negli ultimi due anni le ristrutturazioni del debito sovrano hanno raggiunto livelli record. Con spread superiori a 1.000 pb, molti emittenti sovrani emergenti a basso rating riflettono già pienamente i rischi di insolvenza e i tassi di recupero. Sebbene l’attuale volatilità possa peggiorare le prospettive di questi Paesi, è improbabile che possano comparire grosse sorprese.

La situazione è completamente differente per alcuni dei principali Paesi emergenti più sviluppati, molti dei quali ora dipendono meno dai prestiti esteri rispetto ai precedenti periodi di volatilità. Questi Paesi hanno allungato le scadenze delle proprie emissioni e la proprietà estera delle obbligazioni in valuta locale è notevolmente diminuita, il che dovrebbe ridurre il rischio di un’improvvisa inversione dei flussi di capitale. Molti di questi Paesi hanno bilanci in valuta estera e accesso ai capitali sufficientemente solidi per affrontare la volatilità. Inoltre, hanno creato ampi cuscinetti di riserve in valuta estera e quindi, anche in caso di pressione sulle riserve, queste ultime si mantengono a livelli rassicuranti. I differenziali positivi dei tassi reali con gli Stati Uniti forniscono un ulteriore elemento di protezione. Pertanto, è meno probabile che si verifichi un contagio generalizzato all’interno dell’asset class.

Nell’ultimo decennio i tassi di cambio dei mercati emergenti hanno frenato i rendimenti degli asset in valuta locale. Sebbene ciò sia stato difficile per gli investitori nell’asset class, il fatto di permettere ai tassi di cambio di deprezzarsi ha aiutato le economie emergenti a rispondere alle sfide economiche che hanno dovuto affrontare senza i bruschi e ampi cicli di svalutazione a cui abbiamo spesso assistito in passato, proprio nei Paesi emergenti. Il risultato è che la maggior parte delle valute dei mercati emergenti appare significativamente sottostimata in base ai nostri modelli di valutazione proprietari e a vari altri modelli di tassi di cambio reali. Anche se il dollaro sembra destinato a rimanere forte ancora a lungo con l’attuale volatilità, è improbabile che si verifichino bruschi deprezzamenti delle valute dei Paesi emergenti come nell’era dei tassi di cambio ancorati e, talvolta, anche sovrastimati.

Nel complesso, le prospettive fondamentali per il debito in valuta locale appaiono positive.  Nonostante alcune sorprese al rialzo a gennaio, l’inflazione dei mercati emergenti sembra destinata a diminuire nella prima metà del 2023, grazie al forte calo dei prezzi globali dei generi alimentari e dell’energia, agli effetti base favorevoli, all’allentamento delle strozzature della catena di approvvigionamento globale, a una domanda di beni più contenuta e a un rimbalzo delle valute dei Paesi emergenti. Sebbene la lotta contro l’inflazione non sia ancora finita (soprattutto nei casi in cui le aspettative di inflazione sono aumentate), un’ampia disinflazione dovrebbe consentire alle banche centrali dei mercati emergenti di iniziare a tagliare i tassi di interesse, soprattutto in considerazione di cicli di inasprimento precedenti e più aggressivi rispetto ai mercati sviluppati.

Attualmente il valore maggiore si trova nei Paesi dell’America Latina, come il Brasile e la Colombia, che hanno aumentato i tassi di interesse in anticipo, contribuendo a tenere sotto controllo l’inflazione e a sostenere i tassi di cambio. I Paesi dell’America Latina sono stati anche grandi beneficiari dell’aumento dei prezzi delle materie prime e sono stati meno esposti al conflitto in Ucraina. In questo modo, gli investitori hanno potuto diversificare rispetto ai grandi fattori macro e geopolitici che hanno sicuramente avuto un impatto sull’Europa centrale. Nel frattempo, la riapertura dell’economia cinese dovrebbe favorire la crescita economica asiatica e, quindi, potremmo iniziare a intravedere maggiori opportunità nella regione.

Sebbene il contesto globale rimanga un vento contrario per l’asset class, i fondamentali macroeconomici relativamente solidi dei principali Paesi emergenti, uniti agli elevati rendimenti di partenza e ai tassi di cambio sottovalutati del debito in valuta locale, dovrebbero costituire un cuscinetto per un’ulteriore volatilità. Inoltre, è utile ricordare che, sebbene l’attuale volatilità dei mercati possa sembrare incontenibile, il debito dei mercati emergenti si è evoluto in un universo ampio e diversificato, con svariati strumenti a disposizione degli investitori per affrontare i vari rischi. Come nel caso dell’Ucraina, gli investitori sono stati in grado di orientare i propri portafogli verso regioni meno colpite e la stessa cosa può essere ripetuta per l’attuale volatilità del settore bancario. Quindi, più che chiedersi se sia un buon momento per investire nel debito dei mercati emergenti, bisognerebbe chiedersi dove investire all’interno dell’asset class e quali strumenti utilizzare per posizionarsi in vista di una combinazione particolare di circostanze macroeconomiche.

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