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Progetto APOD: i Centri di terapia del dolore spalancano le porte ai medici di famiglia

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microchirurgia
Terapia del dolore

Parma, 9 settembre 2014 – Sviluppare, al contempo, una rete della conoscenza e una conoscenza della Rete. Potrebbe essere questo lo slogan più adatto al progetto APOD “Ambulatory Pain Open Door”, lanciato ieri mattina dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, al fine di imprimere un’accelerazione all’applicazione della Legge 38. Per stringere le maglie della Rete di cure palliative e di terapia del dolore, e garantire la continuità assistenziale e terapeutica nel campo delle cure antalgiche, il Progetto APOD mira a mettere in contatto diretto i medici di Medicina Generale con gli specialisti del dolore: per favorire un dialogo più serrato fra la medicina territoriale e la specialistica, e per aiutare i medici di famiglia a identificare più rapidamente il tipo di dolore avvertito dai pazienti. L’effettiva implementazione delle Reti delineate nella Legge 38, infatti, passa anche dall’instaurazione di un rapporto interpersonale, diretto, fra medici di Medicina Generale e specialisti che operano negli stessi distretti territoriali. In tal modo i medici di Medicina Generale potranno meglio diagnosticare il dolore, ma sapranno anche dove – e a chi – indirizzare i casi più complessi.

Parma, Firenze, Roma, Milano, Castelfranco Emilia, Modena, Verona, Vicenza, Napoli, Orvieto, Palermo, Torino, Cagliari, Cremona, Bari e Genova, attraverso ospedali universitari, centri d’eccellenza e Asl: sono 18, e sparsi in tutta Italia, i Centri coinvolti nel progetto APOD, che con il contributo incondizionato di Grünenthal Italia si svilupperà in 3 fasi: un primo step teorico, nel quale i centri specialistici apriranno le porte ai medici di famiglia, per una sessione di formazione nella quale sarà illustrato il Progetto, presentato il Centro e sviluppato un inquadramento fisiopatologico, terapeutico e diagnostico del dolore, anche attraverso la condivisione di alcuni casi pratici. Nella seconda fase, direttamente “sul campo”, il terapista del dolore affiancherà il medico di Medicina Generale nella visita ai pazienti. Si termina con la fase applicativa: il medico di famiglia adotterà nel proprio ambulatorio, nell’arco di 30 giorni, gli strumenti terapeutici appresi, raccogliendo e condividendo con lo specialista i dati sulla terapia consigliata, oppure indirizzando direttamente al Centro di riferimento i casi più complessi.

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“Tutti siamo ormai consapevoli che l’implementazione della Legge 38 richiede anzitutto la costruzione di una Rete efficace per la diagnosi e la terapia del dolore – dichiara Guido Fanelli, presidente della Commissione ministeriale Terapia del dolore e cure palliative, professore ordinario di Anestesiologia e Rianimazione presso l’Università di Parma –. Il merito del Progetto APOD consiste in un’intuizione di fondo: per costruire queste Reti è necessario in primo luogo il contatto umano. In concreto non esistono la Medicina del territorio e la Medicina specialistica, ma i medici di famiglia e gli specialisti. Persone che lavorano ogni giorno su un distretto territoriale determinato, al servizio di pazienti che di solito si rivolgono anzitutto al medico di Medicina Generale. L’aggiornamento di questo professionista e il suo contatto diretto con lo specialista del dolore, cioè i due obiettivi del progetto APOD, sono i mezzi più efficaci per dare un colpo di acceleratore al percorso di attuazione della Legge 38”.

“Lo scambio di conoscenze tra medico di famiglia e specialista, che avverrà grazie al Progetto APOD attraverso un contatto diretto fra questi professionisti – commenta Massimo Allegri, terapista del dolore dell’Università di Pavia, Fondazione Irccs San Matteo – è fondamentale soprattutto ai fini della rapida individuazione del tipo di dolore del quale soffre il paziente. La diagnosi corretta, infatti, è ancora il risultato più arduo da ottenere nel campo delle terapie antalgiche. A questo scopo, con il progetto APOD, da una parte si attiva una rete per lo scambio di conoscenze tra medici di base e specialisti, dall’altra si diffonde la conoscenza della struttura della Rete da parte dei professionisti che la costituiscono, in concreto, operando nello stesso territorio”.

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