A cura di Polina Kurdyavko, BlueBay Head of Emerging Markets e Senior Portfolio Manager, RBC BlueBay
Quando si discute di potenziali ostacoli per il resto dell’anno riteniamo necessario concentrarci sulla Cina. Se si considerano le relazioni tra Stati Uniti e Cina, è purtroppo piuttosto evidente il trend secondo cui, nel medio-lungo periodo, è più probabile che tale rapporto peggiori, piuttosto che migliori. Fatta questa premessa, le interconnessioni tra le economie sono relativamente elevate; pertanto, è improbabile che vengano imposte alla Cina sanzioni generalizzate “in stile Russia”.
Il lato positivo è che gli Stati Uniti avranno bisogno del maggior numero possibile di alleati a livello globale quando questo rapporto peggiorerà. Ed è proprio qui che i paesi dei mercati emergenti più grandi e consolidati, come Indonesia, Brasile, India e Messico, ne trarranno vantaggio. Ci aspettiamo che ulteriori accordi commerciali vengano rivisti a favore di alcuni paesi emergenti, come il Cile. Prevediamo una maggiore tolleranza in relazione ad alcune politiche monetarie e fiscali e ad alcuni mercati emergenti, come ad esempio la Turchia, e ipotizziamo che diversi paesi dei mercati emergenti traggano vantaggio dal più grande rimescolamento geopolitico degli ultimi 20 anni.
La volatilità dei mercati locali rimarrà elevata
Negli ultimi 18 mesi abbiamo assistito a una sovraperformance dei mercati in valuta locale rispetto al reddito fisso denominato in dollari. Inoltre, secondo le nostre previsioni, ciò proseguirà in termini assoluti. Tuttavia, ci aspettiamo che la volatilità rimanga elevata sui mercati in valuta locale rispetto a quelli in valuta forte. In particolare, sottolineiamo che è meno probabile che la volatilità sul mercato in valuta locale sia spinta dalle sorprese sull’inflazione, ma è più verosimile che sia guidata da rischi complessivi come governi bipolari e notizie negative sia sul fronte fiscale che su quello politico, che potrebbero tradursi in una volatilità degli asset in valuta locale.
Cosa ci riserva il futuro
Considerando il contesto in cui ci troviamo oggi e i driver che determineranno la performance da qui a fine anno, la gran parte di tali driver sarà costituita dalle aziende più in difficoltà, che hanno subito una ristrutturazione sul piano creditizio e che ora stanno conseguendo rendimenti consistenti in relazione al reddito fisso.
Sul piano macroeconomico, il recente rallentamento dell’inflazione core negli Stati Uniti è stato significativo e riflette la probabilità che la Federal Reserve dovrà effettuare meno rialzi nel breve termine. Sebbene sia ancora troppo presto per dire se questo calo dell’inflazione negli Stati Uniti sarà sostenibile, ha comunque delle implicazioni per i mercati emergenti. In particolare, è costruttivo per i mercati emergenti locali, in quanto la prevista debolezza del dollaro statunitense fornirà verosimilmente un aiuto ai mercati valutari, in un momento in cui si prevede che molte banche centrali dei mercati emergenti avvieranno autonomamente i loro cicli di riduzione dei tassi.