A cura di Antony Kettle, Senior Portfolio Manager, Emerging Markets, RBC BlueBay
Argentina: il cambiamento è nell’aria
Negli ultimi quattro anni, l’Argentina ha subito i contraccolpi di una fallimentare politica economica. Dopo il default del debito nel 2020, il governo di Alberto Fernández ha successivamente optato per la stampa di moneta per finanziare il consistente deficit nazionale, portando l’inflazione al 115,6% lo scorso giugno.
Potrebbe sembrare strano, quindi, considerare l’Argentina un’opportunità d’investimento. Ma ci sono diverse ragioni per essere ottimisti. Innanzitutto, l’Argentina sta investendo in una vasta riserva di gas di scisto denominata Vaca Muerta. In passato, la solidità del paese quale esportatore di prodotti agricoli è sempre stata compensata dal fatto di essere un importatore netto di energia. Tale situazione sta per cambiare. Il passaggio a un surplus energetico potrebbe contribuire ad arginare il deflusso di dollari, consentendo l’importazione di beni necessari alla crescita dell’economia.
In secondo luogo, a ottobre si terranno le elezioni nazionali. Prevediamo che i risultati economici del governo spingeranno i cittadini a votare per altri schieramenti, aprendo le porte a un governo più favorevole al mercato e con politiche economiche più ortodosse.
Da ultimo, come nel caso dell’Ucraina, i bond argentini sono scambiati a valutazioni molto basse. Il mercato non si è ancora ripreso in modo solido dal default del 2020 e i prezzi si aggirano tra i 25 e i 35 centesimi di dollaro. Ciò significa che gli investitori sono ragionevolmente protetti al ribasso, con catalizzatori positivi potenzialmente in vista.
Turchia – direzione di marcia positiva
Come l’Argentina, la Turchia ha risentito di una gestione economica poco ortodossa. Nel corso degli anni, il presidente Erdoğan è stato spesso riluttante a rialzare i tassi d’interesse, a causa dell’effetto sulla crescita, e, nelle condizioni attuali, ciò ha spinto l’inflazione anche fino all’85%.
Ha inoltre voluto mantenere un tasso di cambio stabile, e l’unico modo per farlo è stato quello di spendere le riserve valutarie nazionali. La Turchia si differenzia dall’Argentina per il fatto che le elezioni politiche generali si sono già svolte ed Erdoğan è ancora in carica. Tuttavia, sono presenti segnali da cui si evince che la politica economica sta comunque diventando più ortodossa. Mehmet Şimşek è stato nominato al Ministero delle Finanze e Hafize Gaye Erkan alla Banca centrale, con il mandato di rialzare i tassi d’interesse.
Di conseguenza, da giugno, i tassi d’interesse sono saliti di 21,5 punti percentuali, raggiungendo il 30%. La Turchia ha anche cercato di ridimensionare la spesa pubblica e ridurre lo stimolo sul fronte della domanda introdotto prima delle elezioni. Tale cambiamento è interessante perché la Turchia beneficia di dati demografici molto positivi e, in quanto ponte tra Asia ed Europa, di una posizione geopolitica privilegiata a livello globale.
Tuttavia, sussiste ancora uno spazio per la cautela. I mercati hanno già dato un certo credito a Erdoğan per la sua svolta politica, pertanto, le valutazioni non appaiono così attraenti come quelle dell’Argentina. Inoltre, la Turchia ha ancora molta strada da fare per tenere a freno l’inflazione ed Erdoğan è noto per abbandonare un corso politico ortodosso, quindi, la strada da percorrere potrebbe essere accidentata.
Tuttavia, la direzione di marcia appare al momento positiva. La Turchia può sembrare costosa rispetto ad altri titoli sovrani a singola B, ma, se la situazione continuasse a stabilizzarsi, riteniamo che le agenzie potrebbero effettuare un upgrade dei rating, o almeno mettere il paese sotto osservazione positiva.
Siamo inoltre dell’idea che, nel breve termine, potranno presentarsi delle opportunità nelle obbligazioni indicizzate all’inflazione, visto che è probabile che proseguiranno i consistenti aumenti dei prezzi nei prossimi mesi.
Ucraina – sottovalutata e destinata a rimbalzare?
L’Ucraina sta pagando a caro prezzo l’invasione russa. Sebbene giungano occasionalmente notizie che l’esercito stia guadagnando terreno, lo spargimento di sangue e la distruzione proseguono. I costi di questa situazione in termini di vite umane sono estremamente ingenti. Tuttavia, per quanto riguarda la prospettiva degli investitori, il caso dell’Ucraina è piuttosto positivo.
Una delle ragioni è che l’economia ucraina ha registrato un andamento decisamente migliore di quanto si aspettasse la maggior parte delle persone. I fondamentali hanno evidenziato un indebolimento, ma nemmeno lontanamente equiparabile a quanto lascerebbe prospettare il calo delle valutazioni: dall’inizio del conflitto, le obbligazioni sovrane ucraine sono infatti scese da circa 100 centesimi di dollaro ad appena 25.
Inoltre, il nostro giudizio sull’andamento del conflitto è relativamente costruttivo. La Russia registra risultati piuttosto scarsi sul campo di battaglia, pertanto, individuiamo del potenziale per una sorta di conclusione o congelamento del conflitto. Quando la guerra ebbe inizio, l’Ucraina fu costretta a sospendere i pagamenti relativi alle sue obbligazioni. Se si riuscisse a trovare una soluzione, potremmo prevedere una ristrutturazione del debito durante il prossimo anno. Riteniamo che ciò potrebbe comportare un recupero delle valutazioni, che potrebbero così superare l’attuale intervallo di negoziazione di 25-30 centesimi di dollaro.
Gli obbligazionisti avranno altresì un ruolo da svolgere nel finanziamento delle opere di ricostruzione in un’Ucraina post-bellica, ed è improbabile che venga loro offerto un accordo punitivo in questo senso. Un’opzione è che i beni russi congelati, o almeno i rendimenti maturati sugli stessi, possano essere utilizzati per sovvenzionare le opere necessarie.
La tempistica dell’ingresso su questo mercato sarà complessa, considerata l’incertezza, per cui una possibilità per gli investitori consiste nell’assumere una posizione anticipata su queste obbligazioni. A 25-30 centesimi di dollaro, il ribasso è infatti naturalmente più limitato.