A cura di Steve Boothe, portfolio manager Fixed income, T. Rowe Price
Come investitori nel reddito fisso, abbiamo descritto l’attuale contesto macro come un fragile equilibrio. Il Pil nominale statunitense sta rallentando, ma rimane robusto. Anche l’inflazione sta rallentando, ma rimane su livelli elevati. I dati macroeconomici sono complessivamente buoni, ma non eccezionali. In questo contesto, i prezzi sui mercati obbligazionari sembrano essere influenzati da altre dinamiche, in particolare dalla liquidità sottostante, che rimane il fattore più influente.
Volatilità nel mercato dei Treasury
I flussi in entrata nel credito sono rimasti robusti, come anche i flussi in entrata nel mercato azionario. Questo è un lato dell’equazione. L’offerta di asset finanziari, invece, al di fuori dei titoli di Stato è in calo. Non è una sorpresa che si assista a una volatilità concentrata nel mercato dei Treasury rispetto ad altre asset class, in particolare nella parte lunga della curva. Il credito è un ottimo esempio. Nell’attuale fase del ciclo, la volatilità del credito è molto bassa, soprattutto grazie alle dinamiche di liquidità e all’equilibrio tra domanda e offerta di asset creditizi.
Il mercato del Treasury è l’opposto. Ci troviamo in un contesto in cui alcuni dei maggiori acquirenti di titoli del Tesoro americano, come banche, banche centrali e altri investitori istituzionali, si sono ritirati e stiamo registrando ampi deficit di bilancio, per cui lo squilibrio tra domanda e offerta sta creando una volatilità fuori misura all’interno del mercato dei Treasury. Il grave squilibrio tra domanda e offerta che ha esacerbato la volatilità dei titoli di Stato ci porta a chiederci quando (e se) questa volatilità migrerà verso altre asset class.
Diminuzione della disponibilità di credito
Il calo o la diminuzione della disponibilità di credito è legato all’aumento dei tassi. Molte società hanno bloccato i finanziamenti a lungo termine quando i tassi erano molto più bassi e ora solo poche intendono rifinanziarsi sul mercato, dato che i tassi rimarranno più alti a lungo. Il mercato dei titoli ad alto rendimento ha registrato un ampio spread tra il tasso di mercato e il tasso medio della cedola. E così, le aziende hanno fatto un ottimo lavoro di estinzione delle passività nel periodo 2020 e 2021. La finestra di rifinanziamento è stata spostata molto in là nel tempo, e ora ne stanno raccogliendo i frutti.
Le società americane, in particolare quelle pubbliche, sono state molto efficienti nel ridurre la loro struttura di capitale e guadagnare tempo, mentre attraversavamo quello che è stato un ciclo storico di rialzi da parte della Fed. Questo è il motivo per cui si sta assistendo a una volatilità relativamente meno benigna all’interno del credito. A un certo punto, però, questi titoli matureranno e i rischi di rifinanziamento saranno più elevati. A nostro avviso, si tratta di un evento che riguarda più il 2024 o il 2025.
Fonti di rischio e opportunità
Abbiamo assistito a tensioni nelle banche regionali a causa di fallimenti privati, che sono aumentati, legati a passività di natura più breve. È qui che la Fed ha l’impatto più immediato. Ma per gli emittenti, in particolare, nei segmenti investment grade o di qualità superiore dell’high yield, questo non è stato un problema. C’è un rischio di rifinanziamento per il 2024 e il 2025 da tenere ben presente. Il segmento delle banche regionali può essere una fonte di rischio, mentre siamo positivi sul settore energetico, dove stiamo assistendo a una migrazione dei profili di credito e dei rating verso il positivo. In questo segmento è possibile trovare storie interessanti in cui la qualità del credito sta migliorando.
L’impatto degli ETF
Sul mercato del reddito fisso, gli investitori dovrebbero considerare anche l’impatto degli ETF, che hanno un’attività di trading molto limitata e possono essere considerati come macchine di acquisto unidirezionali. Considerando la direzione dei flussi verso i maggiori prodotti obbligazionari passivi, se si osservano gli ultimi 10 anni, si possono letteralmente contare solo pochi mesi di deflussi. Nello stesso periodo, gli investimenti passivi sono passati da una quota di mercato di circa il 25% al 35% nel reddito fisso. Oggi hanno un impatto ragionevole sulla determinazione quotidiana dei prezzi, come suggeriscono molti ricercatori accademici e come abbiamo osservato anche noi internamente nella nostra attività di investimento
Quando i fondi passivi più grandi crescono in dimensioni e scala, molta carta tende a scomparire e a non tornare sul mercato, poiché questi fondi effettuano per lo più acquisti unidirezionali. Se gli investitori hanno esigenze di duration o di curva, diventa sempre più difficile costruire quel rischio o procurarsi quel titolo, se finisce in un veicolo che non ha mai deflussi e che opera indipendentemente dal prezzo. A nostro avviso, questa dinamica sta cambiando il comportamento e la personalità dei mercati in modi non ancora del tutto chiari.