25 novembre > 4 dicembre | sala Fassbinder – L’avversario – di Emmanuel Carrère – lettura scenica di Invisibile Kollettivo: Nicola Bortolotti, Lorenzo Fontana, Alessandro Mor, Franca Penone, Elena Russo Arman – traduzione Eliana Vicari Fabris – luci Roberta Faiolo, suono Giuseppe Marzoli – produzione Teatro dell’Elfo con il sostegno di ERT – Emila Romagna Teatro Fondazione – si ringrazia Adelphi Edizioni e si ringrazia Georges Epinette per i contributi in francese
L’enigma di un uomo che ha mentito per diciotto anni, per poi trasformarsi in un assassino poco prima di essere scoperto.
La lettura scenica di Invisibile Kollettivo è fedelissima al testo di Carrère: come l’autore, gli attori/registi hanno voluto indagare cosa, di questa terribile storia, risuoni in ognuno di noi, attraverso un resoconto dove il confine tra la realtà dei fatti e l’invenzione romanzata è, a ben guardare, molto labile.
Sul palcoscenico il mistero del protagonista è marcato dalla sua assenza, un vuoto attorno al quale si agitano i personaggi che hanno partecipato inconsapevoli alla sua messa in scena.
Il 9 gennaio 1993, a Prévessin-Moëns, nella Francia orientale, Jean-Claude Romand ha ucciso moglie, figli e genitori. Poi ha tentato, invano, di suicidarsi.
Le indagini che sono seguite hanno rivelato che non era un medico come aveva sempre sostenuto e, cosa ancora più difficile da credere, non era nient’altro. Mentiva da diciotto anni, ma l’identità fittizia che si era costruito non copriva nulla.
Quando stava per essere scoperto, ha preferito sopprimere tutte le persone di cui non avrebbe mai potuto reggere lo sguardo e, per questo, è stato condannato all’ergastolo.
Scrive Emmanuel Carrère, che a questa vicenda ha dedicato uno dei suoi libri più folgoranti: «Io sono entrato in contatto con lui, ho assistito al suo processo, e ho tentato di raccontare con precisione, giorno dopo giorno, questa vita di solitudine, d’impostura e d’assenza. Di immaginare cosa gli passava per la testa durante le lunghe ore vuote, senza progetti né testimoni, che avrebbe dovuto trascorrere al lavoro e invece passava nei parcheggi autostradali o nei boschi del Jura. Di capire che cosa, in un’esperienza umana tanto estrema, mi ha toccato così da vicino».
«I cinque bravi attori ricostruiscono episodi sinistramente rivelatori, indossano per pochi istanti degli elementi di costume, manovrano degli embrionali pupazzi. A tratti, anziché recitarli, leggono brani del libro. Anche quando danno corpo a delle entità reali, l’ignara moglie, l’amante, un amico, non li interpretano ma li tratteggiano sommariamente, li citano, li commentano, sempre giocando sulla modalità narrativa. Ma questa sorta di spoliazione dell’apparato spettacolare non attenua l’intensità della loro performance, anzi ne acuisce sottilmente la tensione».
Renato Palazzi, Delteatro.it
«La messinscena è corale, Jean-Claude Romand non compare mai se non attraverso la sua voce e le sue parole che scorrono su uno schermo. La pièce procede verso lo svelamento progressivo della storia–non storia dell’esistenza mai esistita di quello che diventerà un terribile omicida. (…) Da cosa stava scappando Romand? Quali fantasmi ossessionavano la sua mente? E poi soprattutto chi era veramente Romand? Sono queste le domande a cui non possiamo rispondere. Noi possiamo dire di avere trovato, nello spettacolo di Invisibile Kollettivo, una storia interessante in cui la menzogna, protagonista, non è solo al centro del lavoro di un attore, che per questo motivo ne è direttamente coinvolto, ma anche delle nostre vite vissute tra ciò che siamo e ciò che sembriamo».
Andrea Pietrantoni, Sipario