Home Economia Una Pasqua incerta sui mercati complica i piani delle banche centrali

Una Pasqua incerta sui mercati complica i piani delle banche centrali

Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR.
Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR.
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A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR

Per i mercati finanziari quella che precede la Pasqua è tradizionalmente una settimana corta e quest’anno è stata anche una settimana intensa, cominciata con l’annuncio dei paesi OPEC+ di tagliare la produzione di petrolio e terminata con gli scricchiolii nel mercato del lavoro negli Stati Uniti. L’Arabia Saudita e i paesi alleati nell’Opec+ hanno preso di sorpresa il mondo con la risoluzione di tagliare la produzione di oltre un milione di barili al giorno, circa l’uno per cento della domanda globale.

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La decisione è stata presa per sostenere i prezzi del petrolio ma interviene in una fase di vulnerabilità dell’economia globale e comporta conseguenze economiche e geopolitiche. Le conseguenze economiche sono nel rischio che la spinta al rialzo dei prezzi dell’energia diventi un fattore destabilizzante, complichi il lavoro dei banchieri centrali, metta pressione ai paesi più poveri alle prese con il debito e il dollaro forte; i mercati scontano tagli dei tassi d’interesse da parte della Fed ma le tensioni sui prezzi del petrolio sono ossigeno al fuoco dell’inflazione, i mercati stanno probabilmente sottovalutando il tempo necessario per riportare l’inflazione attorno all’obiettivo del 2%.

Le conseguenze di natura geopolitica sono nella ridefinizione degli equilibri in Medio Oriente: l’Arabia Saudita allarga la distanza con Washington, l’Opec+ riconquista centralità negli equilibri globali, si fa irrilevante l’influenza americana sulla politica petrolifera dei Sauditi, l’economia russa allo stremo si ritrova l’aiuto insperato di un prezzo più alto per le sue esportazioni.

Cominciata con il petrolio, la settimana corta è finita con i primi segnali di debolezza nel mercato del lavoro negli Stati Uniti: il ritmo delle assunzioni rallenta, per la prima volta in due anni i posti di lavoro vacanti sono scesi sotto i dieci milioni, diminuiscono la domanda di lavoratori e la crescita dei salari: è il rallentamento che la Fed stava aspettando come conferma del successo dell’inasprimento dei tassi.

La fine della Quaresima religiosa coincide con la prossimità della fine della quaresima del lungo ciclo restrittivo dei tassi, l’inflazione negli Stati Uniti sembra sconfitta, e questa è stata probabilmente la buona notizia di Pasqua. Negli ultimi tre mesi il tasso di aumento dei salari è rallentato al 3,2% e, se si considera che il tasso di inflazione equivale grossomodo al tasso di crescita dei salari meno il tasso di crescita della produttività (mediamente all’1,4%), si ottengono valori di inflazione inferiori all’obiettivo del 2% della Federal Reserve.

Nella realtà le cose sono un po’ più complicate, ma negli Stati Uniti è solo una questione di tempo, la strada è segnata, l’attività economica rallenta e nei prossimi mesi continuerà a rallentare anche l’inflazione; i prezzi dei futures sui Fed Funds scontano un ulteriore aumento dei tassi di un quarto di punto a maggio ma è prossima la fine del ciclo restrittivo, il tasso di arrivo è stimato tra 5% e 5,25%

Non mancano naturalmente le incognite:

• la prima incognita è lo stesso mercato del lavoro: i dati della settimana scorsa sono prime rilevazioni che potrebbero venire modificate e contraddette da dati più accurati;

• l’intensità del rallentamento o recessione: la manovra per pilotare l’economia verso un atterraggio più morbido che duro è sempre estremamente difficile, quando riesce il più delle volte è dovuta più al caso che all’abilità del pilota;

• le modalità con cui il settore bancario gestirà il deflusso dei depositi dalle banche regionali verso quelle di maggiori dimensioni: la riduzione del credito è un canale di trasmissione di contagio verso il rallentamento economico, non sappiamo ancora quale sarà l’intensità della contrazione dei crediti, alcuni analisti quantificano l’inasprimento delle condizioni finanziarie equivalente all’incirca a mezzo punto di rialzo dei tassi;

• il comportamento dei consumatori: la loro spesa è rimasta alta quanto basta per indurre la Federal Reserve ad aumentare i tassi di interesse, i consumi rappresentano oltre i due terzi dell’attività economica statunitense; il mese scorso la spesa dei consumatori è aumentata dello 0,2% ma il più difficile accesso al credito peserà sulla domanda.

Il comportamento dei mercati obbligazionari si iscrive in questa lettura, il rendimento del Treasury a due anni è poco inferiore al quattro percento, la scadenza decennale rende circa 60 punti base in meno ma solo poche settimane fa questa differenza era la più ampia degli ultimi quarant’anni. Si tratta di una condizione che, unita alla contrazione del credito da parte delle piccole banche, avvicina lo stop dei rialzi per la Fed.

I rendimenti delle obbligazioni europee hanno reagito con un analogo movimento al ribasso nonostante in Europa le condizioni siano diverse. Nell’area Euro il calo dei prezzi dell’energia ha fatto diminuire l’inflazione nominale più delle attese (6,9% contro 8,5% di febbraio) ma l’inflazione di base continua a salire, ha toccato il nuovo massimo di 5,7% dopo il 5,6% di febbraio e 5,3% in gennaio.

Le condizioni dell’inflazione di base non consentono alla Banca Centrale Europea di abbassare la guardia, aumenti di almeno un quarto di punto sono ancora molto probabili nelle riunioni di maggio e giugno, le condizioni delle banche europee sono diverse da quelle delle banche americane e il mercato del lavoro è in tensione: il costo è superiore a quello degli Stati Uniti e il tasso di disoccupazione nel blocco è al minimo storico del 6,6%. L’inflazione si nasconde nei servizi, il lavoro dei banchieri di Francoforte è tutt’altro che finito.

La prossimità della fine del ciclo rialzista negli Stati Uniti mette in evidenza la sopravvalutazione della borsa americana, la nostra preferenza va al settore tecnologico in quanto tra i principali beneficiari delle ricalibrature dei prezzi nel nuovo scenario; da mesi i flussi di investimento si stanno indirizzando verso l’Europa, la Cina, i mercati emergenti: gli Stati Uniti fronteggiano prospettive di recessione mentre la Cina torna protagonista della crescita della regione indo-pacifica.

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