Home Economia Unicredit, piano industriale ambizioso: +5 miliardi di utili nel prossimo triennio

Unicredit, piano industriale ambizioso: +5 miliardi di utili nel prossimo triennio

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La redditività è un tema assai caro a qualsiasi azienda. Ed anche il settore bancario, in tal senso, non differisce rispetto ad altri come, a titolo puramente esemplificativo, quello del mondo del gioco d’azzardo, che ha visto crescere il proprio volume d’affari grazie, in primis, alla presenza di siti sicuri e legali come quelli marchiati AAMS. Negli ultimi anni, gli istituti di credito hanno visto erodersi parte dei ricavi a causa di molteplici aspetti. Tutto ha avuto origine dalla grande crisi finanziaria, avviatasi a causa dello scoppio della bolla dei mutui subprime della fine dello scorso decennio, che ha comportato un aumento sensibile dei crediti inesigibili: un numero elevato di famiglie ed imprese, infatti, non è riuscita a far fronte agli impegni originariamente assunti con gli istituti.

Unicredit, ambizioso piano industriale per il prossimo triennio

La crisi, inoltre, ha comportato un significativo taglio dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali, col chiaro intento di sostenere e cercare di rilanciare l’economia, anche se – al momento – solo la zona statunitense ha ottenuto dei benefici da questo tipo di misura di politica economica non convenzionale. La riduzione dei tassi, però, rappresenta un costo per la raccolta a breve delle aziende del mondo bancario, ovvero i risparmi depositati sui conti correnti e i libretti a risparmio. Può sembrare paradossale, ma lasciare i propri soldi sul conto corrente, oggi, per le banche costituisce un onere, a causa dei tassi negativi imposti dalla Banca Centrale Europea (-0,50%). Una situazione, oltretutto, che è destinata, probabilmente, a perdurare nel tempo. Non è casuale, in tal senso, che alcuni istituti di credito abbiano paventato la possibilità di un aggravio commissionale a coloro che dispongano di consistenti somme sui conti correnti.

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Fra di esse, un nome balzato agli oneri delle cronache è quello di Unicredit, che però ha smentito seccamente i rumors: qualora dovesse entrare in vigore, riguarderà solo i depositi superiori ad un milione di euro. E a questa categoria di correntisti verrebbe offerta la possibilità di destinare le somme in un fondo monetario, con la possibilità, eventualmente, di poter disporre dei propri risparmi in qualsiasi momento. Il tema della redditività, d’altro canto, sta decisamente a cuore alla banca di Piazza Gae Aulenti, come dimostra il piano industriale per il prossimo triennio. Un piano decisamente ambizioso, che dovrebbe consentire all’istituto italiano di aumentare i propri utili di 5 miliardi entro il 2023, registrando, conseguentemente, un significativo +12% nel periodo temporale fra il 2018 e il 2023 stesso.

Mustier, CEO Unicredit:”I tagli saranno effettuati in modo socialmente responsabile”

Per ottenere questo risultato, Unicredit prevede degli investimenti nel settore tecnologico, ormai largamente diffuso presso la clientela bancaria, e una riduzione del numero delle filiali e del personale. Jean Pierre Mustier, CEO dell’istituto milanese, ha dichiarato che è stato aperto un confronto con i sindacati e i tagli – come già avvenuto in passato – avverranno in modo socialmente responsabile. Non è stato ancora definito in che comparti si assisterà ad una riduzione del personale, ma i numeri, a grandi linee, sono stati già forniti: nei prossimi tre anni, Unicredit ridurrà la propria forza lavoro di quasi 8000 unità, accompagnata della chiusura di circa 550 sportelli bancari. Da questo punto, con ogni probabilità, partirà il braccio di ferro fra banca e sindacati, già impegnati a ridiscutere il contratto nazionale di categoria.

Nonostante abbia assunto rilevanti dimensioni a livello europeo, il core business di Unicredit si sviluppa principalmente in Italia, dove è nato sull’onda della grande tradizione della Banca del Credito Italiano. Di conseguenza, la maggior parte dei tagli riguarderà i dipendenti del Belpaese, che dovrebbero diminuire di circa 5000 unità. La stessa cosa dicasi per la chiusura degli sportelli: dei 550 previsti, oltre 400 potrebbero riguardare le filiali Unicredit presenti nel territorio italiano. Un esempio, quello di Unicredit, che potrebbe essere seguito, a stretto giro di posta, anche da altri istituti italiani ed europei. Il tema della redditività, d’altronde, è centrale per qualsiasi azienda. Ed Unicredit, probabilmente, rappresenterà solo l’avvio di una drastica mutazione della struttura bancaria del nostro paese. 

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