Home Italia VENEZIA, TENTA IL SUICIDIO IN OSPEDALE POLIZIOTTA PENITENZIARIA IN SERVIZIO

VENEZIA, TENTA IL SUICIDIO IN OSPEDALE POLIZIOTTA PENITENZIARIA IN SERVIZIO

Polizia Penitenziaria
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SAPPE: “E’ UNA TRAGEDIA: IL MAL DI VIVERE E’ UN DRAMMA NAZIONALE DEL CORPO”

Lotta tra la vita e la morte M.T.M, Agente di Polizia Penitenziaria di 28 anni, originaria della Calabria, che poco dopo le 12.30 di oggi si è sparata un colpo di pistola alla testa dopo avere ispezionato una detenuta che aveva appena avuto un bambino. La giovane donna si è sparata nel padiglione Jona dell’Ospedale civile Santi Giovanni e Paolo di Venezia.

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Attonito Donato CAPECE, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE: “Sono davvero sgomento. Solo nel mese di agosto si erano tolti la vita due poliziotti penitenziari, e dal 2000 ad oggi oltre cento sono stati i casi di suicidio nel Corpo di Polizia e dell’Amministrazione penitenziaria. Non sappiamo le ragioni del tragico gesto della giovane collega, che speriamo possa salvarsi. Certo è che è luogo comune pensare che lo stress lavorativo sia appannaggio solamente delle persone fragili e indifese: il fenomeno colpisce inevitabilmente anche quelle categorie di lavoratori che almeno nell’immaginario collettivo ne sarebbero esenti, ci riferiamo in modo particolare alle cosiddette “professioni di aiuto”, dove gli operatori sono costantemente esposti a situazioni stressogene alle quali ognuno di loro reagisce in base al ruolo ricoperto e alle specificità del gruppo di appartenenza. Il riferimento è, ad esempio, a tutti coloro che nell’ambito dell’Amministrazione di appartenenza spesso si ritrovano soli con i loro vissuti, demotivati e sottoposti ad innumerevoli rischi e ad occuparsi di vari stati di disagio familiare, di problemi sociali di infanzia maltrattata ovvero tutto quel mondo della marginalità che ha bisogno, soprattutto, di un aiuto immediato sulla strada per sopravvivere”.

“L’Amministrazione Penitenziaria non può continuare a tergiversare su questa drammatica realtà”, conclude Capece. “Non si può pensare di lavarsi la coscienza istituendo un numero di telefono – peraltro di Roma! – che può essere contattato da chi, in tutta Italia, si viene a trovare in una situazione personale di particolare disagio. Servono soluzioni concrete per il contrasto del disagio lavorativo del Personale di Polizia Penitenziaria. Come anche hanno evidenziato autorevoli esperti del settore, è necessario strutturare un’apposita direzione medica della Polizia Penitenziaria, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria. Ora ci auguriamo tutti che la giovane collega di Venezia possa salvarsi”.

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